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Dal vetiver oli essenziali sempre più preziosi

Nuove opportunità di applicazioni pratiche dallo studio dell’interazione tra batteri e radici del vetiver: un contributo dell’Università di Torino ad una ricerca tutta italiana

Scienziati italiani hanno isolato nelle radici del vetiver - pianta erbacea di origine sub tropicale che possiede un apparato radicale molto profondo - dei batteri in grado di promuovere la produzione di oli essenziali e di modificarne la composizione, aumentandone le proprietà termicide, insetticide, antimicrobiche e antiossidanti. Le radici del vetiver, coltivate per la produzione di oli essenziali, forniscono sostanze largamente utilizzate in profumeria e in cosmetica. Si tratta di composti chimici complessi che comprendono alcoli, idrocarburi e sesquiterpeni, la più grande classe di terpenoidi presenti in natura, che nel vegetale hanno funzioni attrattive (come feromoni) e di mantenimento dello stadio giovanile.

Radici di vetiver Grazie ad uno studio interdisciplinare che ha coinvolto i microbiologi Pietro Alifano dell’ Università del Salento e Luigi Del Giudice del CNR di Napoli, il fisiologo vegetale Massimo Maffei del Cebiovem dell’Università di Torino e i rispettivi gruppi di lavoro, si è potuto stabilire che le cellule radicali del vetiver producono alcuni precursori degli oli, i quali vengono metabolizzati dai batteri presenti sull’apparato radicale, cosi’ da ottenere, come prodotto finale, il ricercato olio essenziale. Ricerche precedenti avevano già dimostrato come il vetiver cresciuto in condizioni sterili fosse incapace di produrre il complesso chimico oleoso. I batteri coinvolti sono stati isolati sia nelle cellule deputate alla produzione di olio, sia in altre zone delle radici strettamente associate a questo tipo di attività. I microrganismi responsabili della trasformazione includono alfa-, beta- e gamma-proteobatteri, attinobatteri (high-G+C Gram-positive bacteria) ed altri microbi appartenenti ai phyla degli Acidobacteria e Fibrobacteria.

Questa ricerca apre nuove frontiere nell’area biotecnologica relativa ai composti naturali bioattivi” afferma il professor Alifano “L’industria farmaceutica, della profumeria e degli aromi possono ora lavorare allo sviluppo di nuove categorie di microbi ed allargare il repertorio dei loro utilizzi metabolici”. “Il ruolo ecologico delle associazioni tra vegetali e microbi presenta un altro aspetto ricco di interesse ” sottolinea il Professor Maffei “L’interazione metabolica tra un vegetale, che mette a disposizione delle molecole semplici, e i batteri radicali, che le biotrasformano in una serie di composti bioattivi, aumenta notevolmente la capacità di adattamento (fitness) e dimostra la presenza di nuove ed efficienti strategie di sopravvivenza”.

Il lavoro è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Environmental Microbiology.

Per approfondimenti La pianta come contenitore di composti chimici http://www.asl17.it/servizi/sian/12marzo2a.pdf

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