L’idea chiave del progetto CORONET dell'Unione Europea - come spiega Mathew Diamond, responsabile del Laboratorio di percezione e apprendimento tattile della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) - è studiare l’attività naturale dei tessuti nervosi per capire come elaborano le informazioni.
Conoscere il loro funzionamento è determinante infatti per riuscire a replicare artificialmente in network elettronici le operazioni biologiche dei tessuti nervosi".
Il fine di CORONET è proprio realizzare circuiti al silicio da interfacciare con il nostro cervello in modo che, dall’esterno, possano sostituirsi a porzioni di tessuto danneggiato.
La Commissione Europea supporta questo progetto con 2,7 milioni di euro nell’ambito del VII Programma Quadro. CORONET, che ha ricevuto la migliore valutazione tra i 39 progetti proposti nella categoria "Brain-inspired Computing", si avvale della collaborazione di ricercatori di Magdeburgo, Dresda, Roma, Haifa, Barcellona e del team del laboratorio di Diamond della SISSA. Il pool di scienziati è coordinato dal professor Jochen Braun della Otto-von-Guericke Universität Magdeburg.
Nel laboratorio della SISSA l'attività, appena avviata, sarà quella di cercare di creare in animali da laboratorio la percezione di uno stimolo tattile, generato da un circuito neuronale esterno. Poichè si conosce l’attività cerebrale normalmente associata alla sensazione tattile, se si istruisce il chip affinché invii degli impulsi al tessuto biologico con lo scopo di indurre la stessa attività, il comportamento dell’animale - addestrato in discriminazioni tattili - potrà rivelare se effettivamente l’input del chip viene interpretato come uno stimolo tattile.
In questo modo, i neuroscienziati cercheranno di utilizzare le conoscenze acquisite sulla capacità del cervello di elaborare, decodificare e utilizzare le informazioni per sviluppare network neuronali elettronici in grado di aprire la strada a nuovi trattamenti terapeutici.
L’obiettivo di interfacciare il cervello a biochip esterni rappresenta dunque una sfida per la ricerca di base in neuroscienze. I risultati potranno aprire nuove prospettive nel campo delle applicazioni biomediche: dalla stimolazione celebrale terapeutica alle neuroprotesi utili per pazienti colpiti da lesioni al cervello per recuperare funzioni perdute.