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Apophis: il pericolo viene dal cielo

L’asteroide 99942, una vecchia conoscenza degli astronomi, è tornato alla ribalta delle cronache per una recente dichiarazione dell’astrofisica Margherita Hack, che non ha escluso la possibilità che si scontri con la Terra nel 2036

deep impact 1 Già nel 2004 gli esperti avevano dato l’allarme per un possibile scontro nel 2029 tra l’asteroide «99942 Apophis» e la Terra, ma l’avevano poi escluso in base a calcoli più accurati. Nuovi dati, ancora più precisi, hanno rilanciato l’avvertimento per il 13 aprile 2036: quel giorno Apophis potrebbe davvero entrare in rotta di collisione con il nostro pianeta. Stime dell’agosto 2006 hanno stabilito che le probabilità di impatto sono molto basse (meno di 1 su 40.000), ma comunque non nulle: per questo all’asteroide è stato attribuito un livello di pericolosità pari a 1 sulla Scala Torino. Un rischio lieve, dunque, ma con effetti potenzialmente catastrofici, che l’astrofisica Margherita Hack, lo scorso 7 maggio, ha ribadito dinanzi a centinaia di studenti stupefatti dell’Università di Milano-Bicocca: «Sembra che Apophis impatterà la Terra nel 2036 circa. In tal caso le conseguenze saranno peggiori di quelle di una bomba nucleare. Tra le soluzioni la più interessante prevede l’invio di un’astronave capace di attirare il meteorite e modificare così l’orbita su cui viaggia».

Apophis fa parte dei cosiddetti «asteroidi Aten», un sottogruppo degli asteroidi Nea (Near Earth asteroid) che ha semiasse inferiore a un’unità astronomica o UA. Apophis ruota attorno al Sole con un periodo di circa 323 giorni, e la sua orbita lo porta ad attraversare per due volte quella della Terra a ogni rivoluzione. In base alla luminosità osservata si stima che le sue dimensioni massime siano di 400 metri. Si prevede che il 13 aprile 2029 passerà a circa 37.000 km di distanza dalla superficie terrestre, una quota di poco superiore a quella dei satelliti geostazionari, che è di 35.786 km. Pare che un passaggio così ravvicinato di un simile asteroide accada soltanto ogni 1.300 anni. Da Terra comunque Apophis apparirà puntiforme e indistinguibile da una stella.

Un team di scienziati dell’Università del Michigan, coordinato da Daniel Scheeres e Peter Washabaugh, dovrebbe sfruttare il passaggio ravvicinato del 2013 per monitorare l’asteroide e calcolare con più precisione la traiettoria del corpo, affetta ancora da incertezze. L’idea è di posizionare sulla sua superficie un particolare trasponder (apparecchiatura simile a quelle in dotazione sui velivoli, che comunicano alla torre di controllo la posizione e i parametri di volo dell’aeroplano), il quale consentirebbe di avere dati certi sull’orbita in modo da ridurre drasticamente tutte le incertezze e fare chiarezza sul da farsi.

deep impact 2 Ad oggi sono noti circa 1.000 asteroidi Nea con dimensioni fino a circa 32 km (es. 1036 Ganymed). Il numero totale potrebbe essere di qualche decina di migliaia, di cui più di 2.000 con diametro superiore a un chilometro. Quelli considerati potenzialmente pericolosi (Pha, Potentially hazardous asteroids) sono 861: la loro caduta sulla Terra potrebbe avere conseguenze devastanti. La Nasa ha calcolato, ad esempio, che l’energia che si sprigionerebbe da un ipotetico impatto di 99942 sarebbe 65.500 volte quella dell’ordigno sganciato su Hiroshima: il nome Apophis, ispirato al dio egizio della distruzione, è quanto mai adatto...

Tunguska Per la verità, durante la sua esistenza, la Terra è stata colpita diverse volte da corpi celesti più o meno grandi. Tra i casi più recenti c’è l’asteroide che nel 1908 si schiantò a Tunguska, in Siberia: aveva un diametro di qualche decina di metri e la potenza distruttiva di mille bombe atomiche. Il più “famigerato” è comunque quello che contribuì all’estinzione dei dinosauri 65 milioni di anni fa: largo 10 km, equivalse allo scoppio simultaneo di miliardi di ordigni nucleari.

Tornando ad Apophis, l’Unione astrofili italiani (Uai) raccomanda la massima cautela. «Di norma», spiega Sergio Foglia, responsabile Uai della sezione asteroidi, «i mass media diffondono la notizia di un possibile impatto a ridosso della scoperta del nuovo oggetto, quando cioè il calcolo dell’orbita è impreciso a causa del ridotto numero di osservazioni. Man mano che le osservazioni aumentano, l’incertezza diminuisce e l’allarme rientra. I media tuttavia tendono a ignorare le correzioni successive, con la naturale conseguenza di diffondere il panico senza motivo». Il consiglio, insomma, è di fissare gli occhi al cielo, ma tenere sempre i piedi per terra.

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