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Ai poli terrestri i grandi rubinetti che regolano i livelli dei mari

I ghiacci polari, immani serbatoi d’acqua, alimentano mari e oceani, che oggi stanno crescendo in altezza. Nessuno è in grado di prevedere con esattezza come e quanto il fenomeno evolverà, ma è certo il ruolo del cambiamento climatico in atto.

Ghiacci della Groenlandia Le masse d’acqua immobilizzate nei ghiacci della Groenlandia e del continente antartico sono enormi ed il loro movimento è al centro degli studi dei climatologi, che cercano di capire come il riscaldamento climatico possa influire sullo scioglimento dei ghiacci polari e di conseguenza modificare la geografia terrestre, a causa dell’innalzamento del livello dei mari. Come sempre, con una Terra vecchia di milioni di anni, poco di nuovo sotto il sole: qualcosa di simile è già successo nel passato, quando nel succedersi delle ere geologiche, più calde o più fredde, le calotte polari tendevano a sciogliersi o ad aumentare di volume, influendo sul livello delle grandi masse d’acqua di mari e oceani. Circa 20.000 anni or sono, per esempio, il mare era più basso di 120 metri rispetto ai giorni nostri, e molte delle attuali isole erano un tutt’uno con la terraferma. Oggi si constata come ci sia una certa stabilità globale nel mantenimento delle grandi masse glaciali: mentre in Groenlandia la temperatura è salita di alcuni gradi, al polo sud fa più freddo, motivo per cui i ricercatori prevedono pochi cambiamenti per i livelli delle acque nei prossimi duecento anni. L’aumento di livello rilevato in questi ultimi anni si aggira sui 3 mm/anno, che corrisponde ad un aumento medio di circa 30 cm nei prossimi cento anni.

Sono però ancora sconosciuti gli effetti del cambiamento climatico sui meccanismi che regolano i flussi di acqua che dagli immensi ghiacci vanno verso gli oceani. Dai satelliti è possibile osservare il movimento dei ghiacciai della Groenlandia: il più importante, il Jacobshawn, ha aumentato notevolmente la sua velocità di spostamento negli ultimi anni, raggiungendo i 15 km/anno. E, sempre dal cielo, tra i ghiacci si vedono piccoli pallini blu, laghi creati dall’acqua di fusione.

Paesaggio antartico Il continente antartico sembra essere invece immobile, con una leggera tendenza ad aumentare la sua massa totale. Mancano purtroppo dati storici sull’andamento delle dinamiche delle calotte e certi segnali, che possono sembrare allarmanti, fanno forse parte di normali fasi di accelerazione e rallentamento dei flussi solidi, come ad esempio il processo di disgregazione delle calotte. In teoria, a fronte di un improvviso e quasi istantaneo disgelo totale dei ghiacci groenlandesi la massa d’acqua che ne deriverebbe farebbe innalzare il livello dei mari di 7 metri, e così succederebbe se a sciogliersi fosse la parte occidentale della calotta antartica. La realtà è ovviamente diversa, i climatologi hanno interpretazioni diverse sui possibili futuri scenari.

Studi condotti presso il PIKPotsdam Institut fur Klimafolgenforshung – hanno messo in relazione la temperatura degli ultimi 120 anni e l’innalzamento dei mari. Ne hanno dedotto che ogni grado di riscaldamento produce un’accelerazione dell’innalzamento di 3,4 mm/anno. Se applicati alle proiezioni realizzate dall’IPCC - Intergovernmental Panel on Climate Change - i dati ottenuti ipotizzerebbero un innalzamento di 1,4 metri nel 2100. Secondo gli specialisti della NASA il livello potrebbe invece raggiungere i 2/3 metri. James Hansen, guru della climatologia, ricorda molto realisticamente come innalzamenti di 5 metri per secolo siano già avvenuti nel corso della storia della Terra per cause del tutto naturali. E occorre dunque prenderne atto. Anche se, aggiungiamo noi, la massiccia presenza dell’uomo sul Pianeta è relativamente recente e quindi, a parità di fenomeno, cambiano gli effetti.

Quanto alle conseguenze di un innalzamento dei livelli delle acque i maggiori problemi sono prevedibili al verificarsi delle tempeste costiere. Ad esempio, a New York i danni dovuti ad una tempesta marina (distruzione di edifici, allagamenti, inutilizzo della rete metropolitana,ecc.) che oggi si verificano con cadenza di una volta ogni cento anni potrebbero verificarsi ogni 3 anni, con costi inimmaginabili, se l’altezza del mare crescesse di 1 metro. Per innalzamenti più consistenti, effetti catastrofici si avrebbero non solo per le città in riva al mare ( più della metà della popolazione mondiale vive sulla riva di mari e oceani), ma anche più internamente, a causa del risalire dell’acqua di mare nei delta e negli estuari dei grandi fiumi, con conseguenze negative sulla fertilità dei suoli, a causa dei processi di salinizzazione, e sulla produzione agricola, a causa della sommersione dei terreni coltivati.

Anche se tutto questo ha solo una possibilità su cento di succedere” afferma Stefan Rahmstorf, professore di fisica degli oceani al PIK, “occorre fare tutto il possibile per evitarlo”.

Per approfondimenti

PIK http://www.pik-potsdam.de/

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