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A caccia di intelligenze extraterrestri con il Seti

Il progetto, coordinato da un'organizzazione privata senza fini di lucro, si è articolato nel tempo in diverse iniziative volte a intercettare segnali provenienti da civiltà aliene. Dal 1999 chiunque possieda un pc collegato alla Rete può prendere parte alla ricerca

Il Seti (Search for extra terrestrial intelligence) è un progetto dedicato alla ricerca della vita (in particolare delle sue forme intelligenti) nel cosmo. E' coordinato dal Seti Institute, un’organizzazione scientifica privata senza fini di lucro, costituitasi nel 1995 a Mountain View (California) quando venne meno il sostegno iniziale della Nasa.

Seti ricerca rappresentazione artistica L’idea su cui si fonda Seti è che, data l’impossibilità di un viaggio interstellare per visitare un’altra civiltà in un mondo distante, possiamo usare ricevitori molto sensibili per cercare nel cielo segnali radio di origine artificiale, generati da civiltà non umane. Occorre però affrontare almeno due ordini di difficoltà.

A) Scandagliare una galassia come la Via Lattea, composta da 300 miliardi di stelle, è un compito estremamente arduo. Esistono tuttavia alcune ipotesi plausibili che possono ridimensionare il problema e dunque renderlo attuabile. Eccole:

1) tutta la vita sulla Terra è basata sul carbonio: questa potrebbe essere una costante anche per quanto riguarda gli esopianeti e dunque la ricerca può escludere tutte le condizioni diverse.

[Nota: in realtà ci sono altri elementi chimici che potrebbero ipoteticamente costituire la base per la vita (es. silicio e azoto), pertanto il punto di vista secondo cui il carbonio è necessariamente alla base della vita extraterrestre è soprannominato da alcuni critici «sciovinismo del carbonio»];

2) l’acqua è una molecola molto comune nell’universo e, allo stato liquido, fornisce un ambiente eccellente per la formazione di complicate molecole basate sul carbonio, dalle quali può avere origine la vita, perciò occorre concentrare le ricerche sui pianeti con riserve idriche liquide;

3) infine, è meglio puntare sulle stelle di media grandezza simili al Sole. Quelle più grandi, infatti, hanno vite molto brevi e, secondo il modello terrestre a noi noto, non offrirebbero il tempo materiale perché possa svilupparsi una vita intelligente sui loro pianeti. All’opposto, le stelle molto piccole sono longeve, ma producono così poca luce e calore che i loro pianeti dovrebbero essere molto vicini per non congelare: il risultato probabile è che il pianeta finirebbe bloccato in rotazione sincrona (come la Luna con la Terra), presentando sempre la stessa faccia alla sua stella; un emisfero sarebbe quindi infuocato, mentre l’altro perennemente congelato. Circa il 10% delle stelle della Via Lattea sono simili al Sole e, tra queste, circa 1.000 sono comprese entro una distanza abbastanza “ravvicinata”, pari a 100 anni luce. Queste stelle sono i candidati principali del progetto Seti.

B) La seconda complicazione è rappresentata dalla difficoltà di sintonizzare i ricevitori sulla frequenza giusta, esattamente come si fa cercando una stazione radio. Anche in questo caso, per restringere il campo di indagine, si può ragionevolmente supporre che il segnale venga trasmesso su una banda stretta, perché sarebbe altrimenti molto dispendioso per chi lo trasmette. La frequenza di 1,420 gigahertz, corrispondente a quella dell’’idrogeno neutro, è stata individuata come la più favorevole all’ascolto, poiché spesso i radioastronomi analizzano i segnali di questa frequenza per mappare le nubi di gas interstellare, quindi è più probabile che un segnale in questa banda possa venire captato anche casualmente.

Nel 1974 fu fatto anche un tentativo simbolico di inviare un messaggio verso altri mondi. L’occasione fu offerta dall’ampliamento del telescopio di Arecibo: si decise di trasmettere un messaggio in codice di 1.679 bit verso l’ammasso globulare M13, distante da noi circa 25.000 anni luce. A causa della limitatezza della velocità della luce, nessuna eventuale risposta potrà giungerci prima di 50.000 anni. Proprio per questo l’intero esperimento fu liquidato come spot pubblicitario.

Nel corso degli anni sono state lanciate varie altre ricerche, fino al Seti@home del 1999: l’idea, lanciata dall’Università di Berkeley, era che chiunque può partecipare al programma Seti, semplicemente scaricando da Internet un software per poi analizzare un blocco di dati e restituire i risultati, sempre attraverso la Rete. In cinque anni oltre 5 milioni di computer, in centinaia di nazioni, hanno partecipato al programma di calcolo distribuito, contribuendo complessivamente con oltre 14 miliardi di ore di elaborazione. Il 22 giugno 2004 è partito il Seti@home II.

Il centro della nostra galassia, la Via Lattea. È importante sottolineare che i vari esperimenti Seti si basano su ipotesi, tecnologie e frequenze di comunicazione assolutamente “arbitrarie”, seppure logiche, e ad altre civiltà potrebbero risultare senza senso. Sicché la mancanza di risultati fino ad oggi non implica la conclusione che civiltà aliene non esistano, semmai che le nostre più ottimistiche ipotesi per contattarle si sono dimostrate irrealistiche.

Un ulteriore fattore da tenere in considerazione nel valutare l’assenza di reazioni “di ritorno” è il tempo. La Via Lattea ha più di 10 miliardi di anni: durante questo arco temporale molte forme di vita intelligente e molte civiltà tecnologiche possono essere nate e morte. Assumendo che una specie intelligente possa sopravvivere 10 milioni di anni, significa che oggi esiste al più lo 0,1% di tutte le società che si sono eventualmente avvicendate nella nostra galassia.

Le critiche a Seti sono inevitabilmente numerose, data la “parzialità” dei suoi assunti preliminari e la mancanza di risultati concreti. I difensori del programma osservano tuttavia che, se è vero che nessuno ha la prova dell’esistenza di vita intelligente extraterrestre, è pur vero che nessuno ha mai dimostrato il contrario, quindi è possibile o probabile che esista.

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