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40 anni fa lo sbarco sulla Luna

600 milioni di persone incollate davanti ai televisori per seguire uno dei momenti più emozionanti della storia dell'umanità.

Bandiera americana sulla Luna « Here men from the Planet Earth first set foot upon the moon, July 1969, A.D. We came in peace for all mankind. - Qui, uomini dal pianeta Terra posero piede sulla Luna per la prima volta, Luglio 1969 DC. Siamo venuti in pace, per tutta l’umanità. » Così recita la targa lasciata sul suolo lunare, insieme con la bandiera americana, da Neil Armstrong e Buzz Aldrin, il 20 luglio (l’alba del 21 per l’Europa) del 1969, quarant’anni fa. In realtà l’allunaggio del LEM, il modulo lunare, nei pressi del Mare della Tranquillità era avvenuto circa 6 ore prima.

Erano passati solo dodici anni dal lancio dello Sputnik, il primo satellite artificiale in orbita intorno alla Terra e otto dal volo di Gagarin, primo uomo nello spazio. Non esisteva internet e nemmeno il GPS, l’unico legame tra gli astronauti e la Terra era garantito dalle radio a bordo del modulo spaziale Columbia, del LEM Eagle, e degli “zaini” di Armstrong e Aldrin. Eppure quasi 600 milioni di persone in tutto il mondo videro quello che Collins, il terzo astronauta della missione, rimasto sul Columbia in orbita intorno alla Luna quale predestinato al sacrificio di non poterne toccare il suolo, definì il “più strano aggeggio che si sia mai visto nei cieli” appoggiare le sue lunghe “zampe” sulla superficie lunare. Armstrong sulla Luna E qualche ora dopo poterono seguire i due astronauti saltellare, goffamente impediti nei movimenti dai loro scafandri, sperduti nel panorama deserto del nostro satellite. Uno dei momenti più emozionanti e indimenticabili del 20o secolo.

La missione Apollo 11 era partita il 16 luglio da Cape Canaveral con i tre astronauti a bordo. Il 19 luglio la navicella raggiunse l’orbita lunare ed ebbero inizio i preparativi per il distacco di Eagle.

Nella realtà non tutto filò liscio come apparve a chi seguiva l’evento, dagli schermi televisivi. Il terreno nella zona prevista per l’allunaggio non era adatto, in quanto molto più roccioso di quanto avessero indicato le fotografie. Così Armstrong dovette prendere il controllo manuale del modulo lunare e cercare un altro punto dove toccare il suolo consumando quasi tutto il carburante a disposizione. Quando si fermarono ne rimaneva solo per altri 30 secondi. LEM Eagle Nel frattempo nel LEM risuonava anche l’allarme del computer di bordo, si scoprirà che voleva solo segnalare il sovraccarico di cose da fare, ma, come fece notare Aldrin, non era certo quello il momento adatto per cercare di risolvere anche quel problema.

Al momento del touch down la sala di controllo di Houston esplose in un sospiro liberatorio, eppure non ci si poteva distrarre, bisogna valutare se c’erano le condizioni di sicurezza per restare sulla Luna o se si dovevano avviare le procedure d’emergenza per ripartire.

Un’altra sorpresa, non propio piacevole in quelle condizioni, venne al momento di uscire dal modulo: il portellone era stato ristretto per esigenze tecniche, ma gli zaini indossati dagli astronauti non erano stati riadattati alle nuove misure, così l’uscita e il rientro furono disagevoli e presero più tempo del previsto.

Impronta Armstrong sulla Luna L’ impronta di Armstrong, primo uomo sulla Luna, così come la sua frase "Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un balzo gigante per l'umanità", sono nella storia dell’umanità. Aldrin invece rimase impressionato dallo spettacolo di straordinaria desolazione e dalla sensazione di leggerezza. Rimasero oltre due ore a fare fotografie e raccogliere rocce da portare a Terra prima di rientrare nel LEM e ripartire per ritrovarsi con Collins sul Columbia.

Il 24 luglio la navicella ammarò vicino alla Hawaii. L’impresa era stata portata a termine esattamente come dalle previsioni, grazie al lavoro di migliaia di persone. Per Nixon, l’allora Presidente degli Stati Uniti d’America, aver portato a compimento quello che era stato un sogno inizialmente voluto da John Kennedy significò anche una vittoria nel braccio di ferro con l’Unione Sovietica in clima di guerra fredda.

Eppure, ancora oggi, non mancano i dubbiosi, quelli che pensano che, proprio per spuntarla con i sovietici, si sia trattato di una gigantesca messa in scena, una “bufala” colossale, realizzata su un set cinematografico. Nel qual caso tanto di cappello al regista.

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