Dossier

Il rinnovamento delle Scienze Mediche nell’Università di Torino dalla metà del Settecento ai primi decenni del Novecento

Un dramma nell’Accademia di Medicina di Torino: Sperino e la sifilizzazione

Casimiro Sperino A metà del secolo XIX la Facoltà medica fu teatro di un vero e proprio dramma, quello riguardante la sifilizzazione. Ne fu protagonista un oculista e sifilologo Casimiro Sperino.

Il mondo scientifico era stato particolarmente emozionato per la scoperta della vaccinazione antivaiolosa ed era in attesa di nuovi vaccini capaci di vincere le gravi malattie che mietevano un gran numero di vittime giovani, come il colera, la peste, la tubercolosi e la sifilide. In Francia, un biologo fino allora poco noto, Auzias-Turenne, comunicò di essere riuscito a trasferire la sifilide dall’uomo alla scimmia inoculando in essa materiale proveniente da lesioni sifilitiche umane. Osservò che, ripetendo più volte le inoculazioni, l’entità delle lesioni nel punto dell’inoculazione si riduceva grandemente. Ritenne di avere trovato un metodo per curare la sifilide facendo le inoculazioni in ammalati umani. Qualche medico si prese la responsabilità di provare la nuova terapia, con risultati controversi. Sperino, che era un benefattore (aveva aperto ambulatori gratuiti per i poveri, nel settore dell’Oculistica; aveva anche aperto un ospedale privato ove i poveri venivano ricoverati e curati gratuitamente; al tempo stesso lavorava come Primario nel Sifilocomio annesso al carcere femminile, detto per questo l’Ergastolo), si entusiasmò per queste ricerche e volle essere il primo a tentare la nuova terapia sulle prostitute sifilitiche ricoverate nel suo reparto. Ripeteva i trattamenti più volte, e all’inizio aveva osservato che, come nelle scimmie di Auzias-Turenne, il danno prodotto nel luogo delle inoculazioni andava progressivamente spegnendosi. Ritenne perciò di avere scoperto il modo di curare la sifilide,e lo annunciò in Accademia con enfasi. Frontespizio Sifilizzazione di Casimiro Sperino Chiese anche che l’Accademia nominasse una Commissione che valutasse i suoi esperimenti e i suoi protocolli. Nel frattempo, in Francia sia il Governo sia l’Accademia di Medicina di Parigi avevano nominato Commissioni per valutare i risultati vantati da Auzias-Turenne. Alla fine, ambedue le Commissioni francesi si pronunziarono negativamente.

La Commissione dell’Accademia di Medicina di Torino, che aveva atteso per il giudizio finale le decisioni francesi, condannò allora senza mezzi termini l’esperimento di Sperino. Questi si difese con tutte le armi possibili, parlò di attacchi personali e di offese che venivano portate alla sua onorabilità. Egli controbatté con scritti le conclusioni della Commissione che avevano giudicato il suo metodo addirittura dannoso. Alla fine, Sperino lasciò sdegnato l’Accademia e non vi si ripresentò più. Sperino era stato certamente in buonafede, ma oggi sappiamo che il suo metodo portava ad una diminuzione della risposta non per immunità acquisita, ma perché il soggetto diveniva sempre meno capace di difendersi immunologicamente. D’altra parte, a quel tempo, non si faceva nessuna differenza tra le malattie veneree, sifilide, blenorragia e ulcera molle: tutte venivano considerate come malattie sifilitiche. Quindi, Sperino poteva avere di volta in volta inoculato materiali diversi, ed anche materiali che nulla avevano a che fare con la sifilide. L’opinione pubblica era stata con lui, perché si voleva avere l’orgoglio, dopo le sconfitte della prima guerra di indipendenza, di donare al mondo la guarigione di una malattia così diffusa e penosa. Si giunse al punto che i membri della Commissione che aveva condannato Sperino vennero condannati, a loro volta, dall’opinione pubblica. Sperino non fu affatto cancellato dalla disavventura, ma continuò la sua opera, rinunciando platealmente alla sifilizzazione fino a che altri non ne avessero dimostrato l’efficacia. Con l’aiuto dello Stato, fondò un nuovo Ospedale Oftalmico, che venne inaugurato nel 1859 dal Re Vittorio Emanuele II: è l’Ospedale ancora esistente in via Juvarra, che i vecchi torinesi chiamano ancora oggi «lo Sperino». Nel 1859 ebbe addirittura la cattedra di Oftalmologia.

Non rinunciò però alla Sifilologia, e ne ottenne l’incarico di insegnamento. Nel 1867, volle addirittura passare sulla cattedra di Clinica Sifilitica, lasciando l’Oftalmologia all’allievo Carlo Reymond. Fu per lunghi anni Preside stimato della Facoltà Medica, Senatore Consigliere Comunale, e rappresentò per anni (fino a che non volle allontanarsi per sua propria decisione) una importante autorità cittadina.

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