Dossier

La psichiatria in Piemonte

Tocchi, mattocchi, tarlucchi: la medicalizzazione del trattamento degli alienati

Fatto salvo qualche dissenso, una tradizione invalsa vuole Parigi e il 1778 come luogo e data di nascita della Psichiatria.

In Italia sin dal Medioevo, esistevano istituzioni per i folli, che venivano variamente definiti come «tocchi, mattocchi, matochine, tarlucchi, balzani, balordi, spiritati, merloche, mattarelli, ecc.», tenuti «sulla nuda paglia» e spesso legati «a catena a tutte e quattro le estremità». Il progetto illuministico di razionalizzazione dell'ospedale moderno e il pensiero riformatore a fine '700 portano al radicarsi del manicomio, alla medicalizzazione del trattamento degli alienati ed, insieme, alla creazione delle petites maisons, delle case di correzione e di lavoro e a una legislazione repressiva di provvedimenti di polizia.

La nozione di follia e di psichiatria è ambigua, così come quella di causa della patologia mentale. Ciò fa sì che vengano ricoverati, accanto agli alienati, i mendicanti, i vagabondi, i marginali, i poveri, tutti necessitanti di controllo ed esclusione sociale. E' pertanto l'internamento a costituire il principale strumento di identificazione sociale del folle, così come a creare l'immagine dello psichiatra quale professionista che si occupa di loro e ne valuta la pericolosità per la comunità.

Ma lentamente la situazione evolve. A quel tempo, a Torino si versa in una situazione particolare: «L'Ateneo torinese vive una vita sconsolata; poche e isolate le voci intellettuali – afferma Dino Carpanetto (1985) – l'Università è in crisi, il trionfo della cultura gesuitica, una nobiltà poco propensa agli studi e comunque orientata a preferite per i suoi figli le sedi private e le università straniere».

Necessità impone pertanto di:

• abbandonare vecchie posizioni dogmatiche

• rilanciare la ricerca sperimentale

• eliminare l'imposizione didattica di teorie ufficiali

• affrancare l'insegnamento da censure

• aprire una rete di rapporti internazionali, sprovincializzare la cultura.

Palazzo dell'Accademia delle Scienze A svolgere tali compiti, che avrebbero dovuto essere di pertinenza universitaria, provvede, in sua vece, l'Accademia delle Scienze di Torino che (nata come società privata nel 1759) viene fondata con Regie Patenti del 25 luglio 1783 da Re Vittorio Amedeo III. Egli le dà per sede il "Collegio dei Nobili" costruito dal Guarini nel 1679 (e rimasto sua sede anche oggi). Essa apre uno spazio culturale di respiro europeo, libero da controlli censori; offre libertà di stampa; consente di coltivare interessi scientifici al di là di quelli che trovano spazio nelle discipline didatticamente attivate; non si propone una semplice professionalizzazione dei discenti, ma uno sviluppo scientifico e un'utilizzazione sociale del sapere.

All'Accademia delle Scienze (nelle cui file non sono peraltro annoverati, né allora né poi, cultori delle alienazioni mentali) si affianca (nel 1834) l'Accademia di Medicina. Anch'essa ospita tra i suoi membri uomini capaci di far luce sul divorzio fra scienza e tecnica, fra religione del progresso (inteso come lineare, inarrestabile, positivo) e scotto da far pagare ai soggetti deboli e indifesi; tra paternalismo degli uni e rassegnazione supina disarmata degli altri. In altri termini fra medicina (che studia, fa le scelte, dispone) e paziente (che ignora, subisce, e ancora non sa far domande). Si imponeva il muovere una sorta di "ortopedia morale", come icasticamente si esprimeva (in un settore parallelo, ovvero la riforma delle carceri, G. Vegezzi – Ruscalla [1839]).

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