Tocchi, mattocchi, tarlucchi: la medicalizzazione del trattamento degli alienati
Fatto salvo qualche dissenso, una tradizione invalsa vuole Parigi e il 1778 come luogo e data di nascita della Psichiatria.
In Italia sin dal Medioevo, esistevano istituzioni per i folli, che venivano variamente definiti come «
La nozione di follia e di psichiatria è ambigua, così come quella di causa della patologia mentale. Ciò fa sì che vengano ricoverati, accanto agli alienati, i mendicanti, i vagabondi, i marginali, i poveri, tutti necessitanti di controllo ed esclusione sociale. E' pertanto l'internamento a costituire il principale strumento di identificazione sociale del folle, così come a creare l'immagine dello psichiatra quale professionista che si occupa di loro e ne valuta la pericolosità per la comunità.
Ma lentamente la situazione evolve. A quel tempo, a Torino si versa in una situazione particolare: «
Necessità impone pertanto di:
• abbandonare vecchie posizioni dogmatiche
• rilanciare la ricerca sperimentale
• eliminare l'imposizione didattica di teorie ufficiali
• affrancare l'insegnamento da censure
• aprire una rete di rapporti internazionali, sprovincializzare la cultura.
A svolgere tali compiti, che avrebbero dovuto essere di pertinenza universitaria, provvede, in sua vece, l'Accademia delle Scienze di Torino che (nata come società privata nel 1759) viene fondata con Regie Patenti del 25 luglio 1783 da Re Vittorio Amedeo III. Egli le dà per sede il "Collegio dei Nobili" costruito dal Guarini nel 1679 (e rimasto sua sede anche oggi). Essa apre uno spazio culturale di respiro europeo, libero da controlli censori; offre libertà di stampa; consente di coltivare interessi scientifici al di là di quelli che trovano spazio nelle discipline didatticamente attivate; non si propone una semplice professionalizzazione dei discenti, ma uno sviluppo scientifico e un'utilizzazione sociale del sapere.
All'Accademia delle Scienze (nelle cui file non sono peraltro annoverati, né allora né poi, cultori delle alienazioni mentali) si affianca (nel 1834) l'Accademia di Medicina. Anch'essa ospita tra i suoi membri uomini capaci di far luce sul divorzio fra scienza e tecnica, fra religione del progresso (inteso come lineare, inarrestabile, positivo) e scotto da far pagare ai soggetti deboli e indifesi; tra paternalismo degli uni e rassegnazione supina disarmata degli altri. In altri termini fra medicina (che studia, fa le scelte, dispone) e paziente (che ignora, subisce, e ancora non sa far domande). Si imponeva il muovere una sorta di "