Le riforme legislative
La riforma manicomiale, che culmina nella legge 1904, ha un lungo iter e viene preceduta da molti progetti che hanno vita per lo più breve e difficile. Già l'emanazione dei regolamenti interni (a Torino nel 1937) aveva aperto nuovi indirizzi nelle sedi manicomiali dei vari stati italiani. Si era così preparata la via a una unificata normativa destinata a valere per tutto il territorio nazionale, una volta realizzata l'unità d'Italia.
Le proposte di legge erano iniziate nel 1849. Il loro susseguirsi e i commenti ai quali hanno dato luogo indicano le difficoltà incontrate e spiegano sia il tempo occorso per superarle, sia l'impatto di volta in volta esercitato sulla vita della istituzione. Preoccupazione costante (ombra residua delle lettres de caché) era di evitare sequestri di persona, che avrebbero attentato a uno dei diritti fondamentali del cittadino.
Il progetto presentato da Bernardino Bertini in data 18 marzo 1849 non arriva in parlamento, viene ripresentato nel dicembre 1850 e ivi approvato, ma non presentato al Senato. Nel novembre 1887 il ministro Nicotera presenta un progetto organico che non viene però discusso ed è sostituito dal nuovo progetto Depretis (15.3.1881). Questo progetto accoglie le tesi espresse dallo psichiatra Tamburini al Congresso di Reggio Emilia del settembre 1880, ma non giunge in parlamento e decade. Il progetto Crispi (analogo al precedente) viene presentato nel giugno 1890 ma non è discusso. Nel novembre 1891 segue il secondo progetto Nicotera che è discusso ed approvato in Senato nel febbraio successivo ma si arresta alla Camera. E' la volta quindi del primo (febbraio 1893, decaduto) e del secondo progetto Giolitti (maggio 1897), che viene animatamente discusso e nonostante le critiche dell'on. Lucchini è approvato il 14 febbraio 1904, diventando la legge n. 36 (G.U. 22.2.1904, n. 43) destinata a durare sino alla Legge di riforma del 13 maggio 1978, n. 180.