Dossier

La geografia in Piemonte

La misurazione del grado di meridiano terrestre

Frontespizio del Gradus Taurinensis (1774) Il ruolo di Giambattista Beccaria nell'ambito della costruzione della conoscenza geografica è limitato alla misurazione del gradus taurinensis. Le tradizioni galileiana e newtoniana che Beccaria porta a Torino non sembrano aver sostenuto lo sviluppo locale di concezioni teoriche della geografia, quali si erano andate elaborando in quegli anni in Europa, dove un impulso forte in tal senso era venuto proprio dalle riedizioni della Geographia Generalis di Varenius curate da Isaac Newton (1672, 1681) e da James Jurin (1712), nonché dalle carte celesti di Edmund Halley.

Appare costante invece un carattere applicativo e non speculativo della conoscenza geografica prodotta in ambiente subalpino, informata all'utilitas. È peraltro sull'asse Varenius-Newton che Beccaria si cimenta, quale ne sia la ragione pratica, con un problema geografico tra i più spinosi per quei tempi, insieme al calcolo delle longitudini. La questione è quella della misura del grado di meridiano terrestre, a cui attende per incarico di Carlo Emanuele III, consigliato in tal senso dal matematico Ruggero Boscovich. Egli aveva lavorato alla misura geodetica dello Stato Pontificio e giudicava interessante il caso piemontese al fine di considerare quale potesse essere l'effetto sulla misura «dell'attrazione delle montagne». Da tale misura si doveva poter dedurre la grandezza della terra, cioè la circonferenza equatoriale e, sulla base dei risultati alle diverse latitudini, il grado dello schiacciamento polare, che Newton e Huyghens avevano per via speculativa ipotizzato e che l'Accademia di Parigi aveva cercato di confermare per via sperimentale inviando due spedizioni in Lapponia e Perù; l'utilità pratica prima di tale misura tuttavia è che essa risulta indispensabile per poter costruire una rete geodetica, che deve appunto appoggiare la prima base su un meridiano di riferimento: è insomma la premessa di una radicale modernizzazione nella rappresentazione topografica del territorio su vasta scala. È ovvio quindi che le ricerche condotte in tal senso dal Beccaria, insieme con il suo assistente e allievo Domenico Canonica, tra 1760 e 1774 sembrano rinviare in tutta evidenza all'impresa della «Grande Operazione» della Carta Generale dello Stato avviata a far corso dal 1767 dall'Ufficio Topografico, sembrano cioè rappresentarne la condizione teorica.

La coincidenza cronologica è evidente ed anche interessante: basti ricordare che tra 1762 e 1764 il Liesganig aveva atteso alla misura del grado austriaco per ordine di Maria Teresa e che nella vicina Francia Cesare Francesco Cassini fin dal 1749 aveva intrapreso il rilevamento -continuato poi dal figlio Giacomo Domenico- su base geodetica in 182 fogli di tutto il territorio, nei primi fogli del quale è certo da riconoscersi «la carta dei triangoli di Francia» acquistata dal Castellino e registrata in un inventario dell'Ufficio Topografico.

Il gradus taurinensis misurato dal Beccaria dà risultati inaspettati e considerati da molti poco convincenti. Si accese in proposito una polemica aspra tra Beccaria e Cesare Francesco: questi intendeva estendere a tutta Europa la triangolazione predisposta per la Francia, il che comportava il difficile problema della coincidenza dei fogli, e perciò, rifiutando la misura del Beccaria, chiese al sovrano nel 1776 di poter eseguire in Piemonte una nuova misurazione. Una commissione composta da Francesco Domenico Michelotti, professore di matematica all'Università e ingegnere idraulico, e da Filippo Antonio Revelli, professore di geometria, esprimeranno giudizio negativo sul progetto di Cassini, difendendo la misura del Beccaria, giustificata dall'attrazione esercitata dalla catena alpina, e affermando che una carta topografica come quella che si prospettava «è già stata fatta dai Regi Topografi ed il Signor Conte di Robilant, capo della legione de’ campamenti e Direttore di essi Topografi sta dividendo in ampi triangoli convenientemente al meridiano misurato tra Mondovì e Andrate», vale a dire appunto in base al gradus taurinensis.

Un tentativo di estendere la triangolazione geodetica anche alla Sardegna viene compiuto nel 1792 da Salvatore Lirelli, che tuttavia non limita i suoi interessi cartografici solo alla topografia; membro corrispondente dell'Accademia delle Scienze dal 1784, cultore di geografia astronomica e di geografia storico-politica, gli viene conferito due anni dopo da Vittorio Amedeo III il titolo di «Geografo di Sua Maestà», con relativo trattenimento, cioè stipendio annuo. Da quel momento il Lirelli si firma «Géographe de S.M. et de l'Academie» e all'Accademia delle Scienze dedica una delle sue opere, il Nouvel Atlas de l'Europe, progettato in quaranta fogli, dei quali solo due risultano realizzati, quello relativo alla Crimea e quello di Ungheria, Moldavia e Valachia, stampati nel 1789 insieme con due ampi commentari geografici. Nel quadro di una cultura geografica ispirata soprattutto al principio dell'utilitas e caratterizzata da una forte predisposizione per il rilevamento a scala topografica e per l'osservazione locale, l'opera del Lirelli si colloca in un contesto diverso, come documenta il progetto del Nouvel Atlas, ma ancor più il suo Globe Terrestre (1786), una grande carta del globo che denota interessi cosmografici; esso è costruito con una doppia rappresentazione, in modo da correggere con la proiezione di Mercatore le distorsioni prodotte dalla proiezione stereografica polare nella fascia latitudinale compresa tra 45° N e S. Su questa base di costruzione del globo inserisce un ricco contenuto geografico, frutto di una approfondita disamina dei viaggi di esplorazione geografica, compresi i tre viaggi di Cook: un modello di formalizzazione del discorso geografico che ha una lunga tradizione nella geografia dotta fin dall'umanesimo, ma che è inconsueto nel panorama culturale subalpino.

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