La lezione di Franco Venturi
Dal 1958 al 1984 insegnò Storia moderna alla Facoltà di Lettere torinese, dopo aver insegnato a Cagliari e a Genova, colui che va considerato l’autentico rinnovatore degli studi sull’illuminismo in Italia, Franco Venturi. A Parigi, dove aveva seguito il padre Lionello, storico dell’arte, che nel 1931 si era rifiutato di prestare il giuramento di fedeltà al regime fascista, studiò alla Sorbona e militò nel movimento «Giustizia e Libertà», che si ispirava principalmente, pur avendo più anime al suo interno, al socialismo liberale di Carlo Rosselli. Nel 1939 pubblicò venticinquenne, dedicandolo alla memoria di Carlo Rosselli assassinato nel 1937 da sicari fascisti, il volume
Alla base della ricostruzione, effettuata con stupefacente vastità documentaria e altrettanto stupefacente sapienza analitica, c’era quella «circolazione delle idee» tra Italia ed Europa, Europa e Italia, che Venturi aveva sottolineato fin dal 1953. E all’Italia fuori d’Italia dedicò nel 1973 uno studio di circa 500 pagine inserito nel volume III della Storia d’Italia edita da Einaudi.
Mediante i suoi stessi lavori Venturi demolì la tesi del carattere autoctono del nostro illuminismo e l’altra, alla prima strettamente congiunta, che vedeva nel Settecento le origini del Risorgimento. Il Settecento andava indagato non in funzione di ciò che sarebbe accaduto successivamente, bensì nei suoi tratti specifici, nei problemi che esso stesso si era posto, nell’apertura cosmopolita che lo aveva caratterizzato. Venturi mise in risalto il nesso tra utopia e riforma, presente già molti anni prima che fosse esplicitamente tematizzato nel piccolo grande libro
La notorietà internazionale Venturi la raggiunse con Il populismo russo (2 voll., 1952; 2ª ed. 1972), frutto del suo soggiorno a Mosca tra il 1947 e il 1950 quale addetto culturale presso l’ambasciata italiana. «Questo libro – avvertiva l’autore – vuol essere […] la storia del movimento rivoluzionario russo nel periodo in cui non era più liberale […], e quando ancora non si era differenziato internamente nei suoi diversi e contrastanti aspetti. Vuol parlare di quel tronco comune sul quale poi, in mutate condizioni, sorsero le forze che portarono alla rivoluzione del 1917». Venturi s’addentrava con sicurezza in una materia intricatissima, e rivelava mirabilmente il vario atteggiarsi del populismo tra il 1848 e il 1881. Seguirono altri scritti su personaggi della Russia settecentesca e ottocentesca, nonché un calibrato ritratto della storico novecentesco Tarle, perseguitato dal regime sovietico. L’esperienza di Venturi comprende anche momenti in cui egli si volse a filosofi della storia (Boulanger, Herder) e si soffermò sulla storia delle parole (il motto «sapere aude!», l’espressione «despotismo orientale», il termine «socialista»). Sono ulteriori testimonianze di una vicenda intellettuale ricca di sfaccettature. In tale vicenda ebbe una parte non secondaria la direzione della «Rivista storica italiana» tra il 1959 e il 1994, anno in cui Venturi scomparve a 80 anni.