Dossier

Gli studi di fisica a Torino

La fisica dal 1857 agli anni della rinascita

Silvestro Gherardi è un esempio di quella generazione di scienziati direttamente impegnati nel rinnovamento politico. Dal 1857 al 1861 ricopre la cattedra di Torino e la direzione del Gabinetto scientifico. Esperto di elettricità e di ottica, fu storico della scienza. Gli segue tra il 1862 e il 1878 Gilberto Govi (1826-1889) che studiò la fisica quando era esule in Francia. Oltre a studi e misure su svariati argomenti, Govi si occupò anche di storia della scienza con una importante edizione dell’Ottica di Tolomeo e studi su Leonardo e Galileo. Dal 1872 fu quasi sempre a Parigi, membro della commissione internazionale pesi e misure e primo direttore italiano del Bureau International des Poids et Mesures.

Motore elettrico ad induzione di Galileo Ferraris Nonostante non fosse professore all’Università (ma faceva parte del Collegio associato alla facoltà) è d’obbligo ricordare l’attività di Galileo Ferraris (1847-1897), ingegnere, professore di Fisica tecnica al Regio Museo Industriale, che venne poi annesso al Politecnico; famoso per aver progettato e realizzato i motori elettrici a corrente alternata. Fu persona di grande onestà; non volle brevettare le sue invenzioni e rifiutò una ingente somma per il brevetto da una compagnia americana, perché riteneva che la scoperta dovesse essere posta al servizio di tutti. «Sono un professore, non un industriale» ebbe a dire a proposito dell’offerta.

A parte qualche eccezione, sulla fisica italiana tra la seconda metà del secolo e gli anni della rinascita (dopo il 1920) comincia a pesare la scarsa concentrazione di scienziati, l’assenza di un centro nazionale in grado di promuovere idee e coordinare attività, la mancanza di mezzi e laboratori in cui affrontare i problemi più avanzati. I fisici erano pochi: le cattedre di Fisica (essenzialmente Fisica Sperimentale e Fisica per Medicina) erano 13 nel 1872 e 20 nel 1927; nel 1872 gli assistenti erano 15 mentre nel 1927 erano 45. Facevano poi ricerca in fisica un certo numero di professori di ruolo dei Licei. Questo fu un canale abituale di reclutamento della docenza universitaria. Ma il numero globale restò scarso e i fisici furono diluiti tra le varie sedi. L’Italia umbertina era povera; l’amministrazione centrale non assegnava fondi per la ricerca: le dotazioni per le necessità quotidiane degli Istituti erano assegnate solo in sede locale.

Così, mentre la Matematica aveva numeri che permettevano di figurare bene, la Fisica torinese (e italiana) viveva senza grandi mezzi. Forse si era diffusa la sensazione che i principi della fisica fossero noti. I problemi sembravano riguardare i motori, le applicazioni delle correnti elettriche, l’illuminazione, le costruzioni civili e navali, i trasporti; lo studio della conformazione della materia in piccolo pareva lasciato alla chimica. L’astronomia era essenzialmente una scienza matematica, osservazione e deduzione delle traiettorie dei corpi celesti.

Nella fisica italiana mancava quasi sempre la guida della teoria. La fisica si stava avviando verso una complessità formale senza paragone. Solo con la promozione della componente teorica (le prime tre cattedre di Fisica Teorica furono assegnate nel 1927) se ne pose rimedio. In particolare a Torino, tra gli ultimi decenni del secolo e la seconda guerra mondiale, la fisica accentuò un carattere eclettico ed eccessivamente empirico, con sottovalutazione delle indicazioni teoriche, lontana dai grandi temi. Essa si disperdeva nell’analisi del comportamento dei corpi materiali, senza centrare, spesso, le questioni più interessanti.

Manuale Nàccari e Bellati Di termologia, chimica-fisica, elettrostatica, termoelettricità, conduzione nei gas, fotoelettricità si occupò Andrea Nàccari, che a Torino tenne la cattedra di Fisica Generale e Sperimentale dal 1878 al 1916. Nàccari fu un bravo sperimentatore di grande pulizia e perizia tecnica, i suoi esperimenti erano ben preparati e i risultati molto affidabili. Compì una serie di esperimenti alla ricerca di effetti di schermaggio della gravità e tentò di dimostrare che l’etere esisteva (in contrasto alla relatività einsteiniana). Mancava però la fisica nuova: spettroscopia, atomismo (di cui pur Avogadro era uno dei fondatori).

Dobbiamo a Nàccari l’iniziativa della costruzione del nuovo Istituto di corso D’Azeglio, inaugurato nel novembre 1898. La pianta era a forma di H, con due piani fuori terra (il terzo piano fu aggiunto nel 1961) e uno sotterraneo, ed era progettato con moltissimo spazio (la parte a sud era occupata dall’Istituto di Igiene). La facciata dell'Istituto di fisica dell'Università di Torino Fu un grande progresso rispetto alle due stanze e al laboratorio che Fisica occupava nell’edificio di via Po. La costruzione fu finanziata, come per gli altri istituti del Valentino, da un Consorzio cui partecipavano Comune, Provincia e Governo. In realtà l’Istituto, la cui costruzione cominciò nel 1886, venne terminato già nel 1893, ma per quattro anni mancarono i soldi per arredarlo.

Nàccari ebbe parecchi studenti da fuori, alcuni dei quali occuparono poi cattedre di prestigio: parliamo soprattutto di Angelo Battelli (1862-1916) e Antonio Garbasso (1861-1933). Il primo fu uno dei fondatori della Società Italiana di Fisica; Garbasso seppe promuovere a Firenze la formazione dì un gruppo di giovani della nuova scuola quantistica e particellare.

A Torino Battelli si occupò dapprima di fenomeni termoelettrici, in particolare di effetti Thomson e Peltier, e di proprietà delle leghe. Per questi ebbe due premi ministeriali. Si dedicò poi alle proprietà termiche dei vapori, in particolare alla determinazione delle proprietà al punto critico. Gli esperimenti relativi furono svolti ancora nel vecchio gabinetto di fisica sistemato in due stanzoni al piano terreno dell'edificio di via Po (il trasloco nell'edificio di corso D'Azeglio sarebbe avvenuto solo nell'autunno del 1898) e i lavori furono pubblicati negli Atti della Accademia delle Scienze e gli valsero il Premio Bressa.

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