L’evoluzionismo darwiniano
Nel 1848, a Giuseppe Gené succedette sulla cattedra di Zoologia Filippo de Filippi.
I suoi interessi furono rivolti soprattutto all’anatomia comparata di vertebrati e invertebrati. Fu il primo biologo sperimentale a Torino e si occupò di istologia ed embriologia dei pesci e dei trematodi (vermi piatti parassiti). Non trascurò tuttavia i problemi di tassonomia zoologica e introdusse principi nuovi di classificazione degli animali che tenevano conto anche dei caratteri embriologici. Affrontò anche il problema dei rapporti tra nomenclatura e sistemi di classificazione.
Entrò anche nella discussione di fondo che animava il mondo degli zoologi italiani ed europei sul problema della definizione della specie e con lui fu Carlo Luciano Bonaparte, il più illustre ornitologo italiano della prima metà dell’Ottocento, contrario come De Filippi all’idea della fissità della specie e uno dei primi assertori della variabilità delle specie nel tempo.
Filippo de Filippi fu inizialmente seguace del fissismo di Cuvier, convinto che estinzioni e nuove creazioni fossero avvenute per opera di grandi catastrofi (diluvi); tuttavia già nel 1855 pubblicò
De Filippi giunse ad ammettere la possibilità di limitati processi evolutivi, anche se il problema dell’origine dell’uomo lo mantenne inizialmente ostile verso le teorie evoluzionistiche.
Alla comparsa in Italia de
Storica è la sua lezione tenuta l’11 gennaio 1864, nell’anfiteatro di Chimica di S. Francesco da Paola, a Torino, sul tema
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Così iniziava la sua lezione, nella quale egli dimostrò anche la profonda omologia dei caratteri anatomici tra specie umana e primati («
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De Filippi sottolineò tuttavia la profonda differenza esistente tra scimmie e uomo a livello di facoltà intellettuali.
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La lezione, che destò scalpore e reazioni contrastanti, è da considerare l’evento ufficiale con il quale la teoria di Darwin entrò nel mondo scientifico e culturale italiano. Alla lezione fece seguito la pubblicazione del testo sotto forma di estratto dalla rivista «Il Politecnico» di Milano (
De Filippi fu personaggio di vasta cultura scientifica (fu autore di un volume
Torino divenne dunque il centro di diffusione della teoria evoluzionistica in Italia, in quanto ancora capitale dello Stato, ma soprattutto perché gli ambienti torinesi -e Cavour in primis- cominciarono a porre maggior attenzione alle vicende culturali ed economiche del mondo anglosassone.
Alla più capillare diffusione della teoria darwiniana e alla sua «volgarizzazione» si dedicarono: a Torino, il successore di De Filippi sulla cattedra di Zoologia, Michele Lessona, scrittore e collaboratore di giornali e riviste oltre che docente universitario e scienziato; a Firenze, Paolo Mantegazza, titolare della prima cattedra italiana in Antropologia, sostenitore critico della teoria darwiniana; a Padova, Giovanni Canestrini, curatore preciso ed accurato delle opere di Darwin in lingua italiana.
Proprio in Torino si svilupparono le iniziative editoriali in favore dell’evoluzionismo: fu la Unione Tipografico-Editrice Torinese (U.T.E.T.) che tra il 1871 e il 1890 permise la larghissima diffusione delle più importanti opere di Darwin dall’
L’arco di tempo tra il 1864, anno della conferenza di De Filippi, e il 1894 rappresentò una fase di rinnovamento delle discipline biologiche a Torino e in Italia, con il passaggio a una scienza positiva che si basa su osservazioni concrete e sperimentazioni. Un periodo di entusiasmi, in cui il darwinismo venne visto non solo come una rivoluzionaria ipotesi scientifica, ma anche come strumento di rinnovamento di pensiero nella nuova nazione. Persino lo scrittore Antonio Fogazzaro scrisse sull’evoluzionismo (
La tendenza abbastanza diffusa tra i naturalisti di fine secolo fu quella di tenere rigorosamente separati i problemi dell’origine degli animali da quella dell’uomo: una tendenza che, come abbiamo visto, fu dello stesso De Filippi, il quale propose addirittura l’istituzione di un Regno umano distinto dal Regno animale. E comunque la penetrazione delle nuove idee non avvenne inizialmente senza contrasto. Dapprima si tentò di abbatterle con il silenzio, poi quando le nuove dottrine cominciarono ad avere seguaci, gli avversari entrarono in campo mettendo in ridicolo gli evoluzionisti, proprio perché sostenevano la discendenza dell’uomo da forme animali inferiori. L’opera anti-darwiniana più seria sul piano scientifico fu quella di Giovanni Giuseppe Bianconi, uscita prima in francese e poi in italiano,
Nel 1865 Michele Lessona (1823-1894) sostituì temporaneamente nell’insegnamento della Zoologia presso l’Università di Torino il senatore Filippo De Filippi, chiamato come naturalista a partecipare alla missione scientifica sulla corvetta Magenta, armata allo scopo dal Regno d’Italia. Fu il viaggio fatale per De Filippi, che morì a Hong Kong per una gravissima epatite amebica, nel gennaio 1867.
In quell’anno Lessona venne nominato ufficialmente titolare della cattedra di Zoologia ed Anatomia comparata alla quale fu annesso il museo. Egli divenne il più importante rappresentante dell’evoluzionismo in Italia; in un articolo giornalistico («Illustrazione italiana», 1881) accostò il nome di Darwin a quelli di Newton e Galileo. Su sua proposta, il 28 dicembre 1879 l’Accademia delle Scienze di Torino conferì al «prof. Carlo Darwin il premio mondiale istituito dal dottor Bressa di lire dodicimila per le scoperte da lui fatte durante l’ultimo quadriennio nella fisiologia vegetale» (piante insettivore; autofecondazione e fecondazione incrociata nelle piante; variabilità dei fiori nella stessa specie di piante).
Fu Lessona che nel 1883, a un anno dalla morte di Darwin, nell’ambito delle commemorazioni tenute nelle principali città italiane, fece uscire presso l’editore Sommaruga di Roma l’opera
Il suo merito scientifico principale fu quello di aver creato una scuola validissima alla quale si formarono numerosi e validissimi discepoli (Mazzi, 1985).. Con lui lavorarono, in veste di assistenti, zoologi specialisti di fama europea, come il già citato entomologo Vittore Ghigliani e l’ornitologo Tommaso Salvatori (1835-1923).
Grazie alle ricche collezioni di faune tropicali del Museo, Salvatori approfondì la conoscenza sull’ornitofauna di molte regioni africane, sudamericane ed asiatiche, con la descrizione di centinaia di specie nuove per la scienza. Lessona fu anche rettore dell’Università di Torino dal 1877 al 1880 e s’impegnò inoltre in campo politico: come senatore del Regno, nel 1892 entrò a far parte del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione.
Alla sua morte, gli succedette Lorenzo Camerano (1856-1917), suo allievo e poi suo genero. Egli, già titolare della cattedra di Anatomia comparata istituita nel 1891, assunse anche l’insegnamento di Zoologia, fondendo di fatto le due cattedre. A lui, evoluzionista convinto, va riconosciuto il merito di aver inserito la ricerca biologica animale a Torino nel quadro del pensiero evoluzionistico. conferendole per la prima volta un taglio matematico-quantitativo. La collaborazione con matematici versati nello studio delle popolazioni, come Vito Volterra, lo portò a considerare la specie non come categoria mentale costruita per esigenze classificatorie, ma come entità naturale soggetta a variabilità e quindi definibile per via biometria e statistica. Introdusse anche il concetto di equilibrio biologico dinamico tra le specie animali, intravedendone l’espressione analitica in quelle curve sigmoidi, che sarebbero state poi appunto studiate da Volterra (1926).
Camerano sviluppò con pubblicazioni pregevoli per il tempo, e di valore scientifico ancora attuale, l’entomologia e soprattutto la zoologia dei vertebrati -dagli anfibi ai mammiferi-, attraverso il metodo sperimentale. Scrisse anche monografie sulla fauna italiana, come quelle sullo stambecco e sul camoscio, ancor oggi apprezzabili. Notevole fu il suo apporto alla diffusione delle ricerche zoologiche attraverso l’istituzione del «Bollettino dei Musei di Zoologia ed Anatomia Comparata dell’Università di Torino» (1896), che sarebbe restato in vita fino al 1930 e al quale contribuirono ricercatori non solo torinesi. Camerano si dedicò anche alla ricerca e alla cura del Museo, nei confronti del quale favorì la donazione di numerose e preziose collezioni private. L’operosità scientifica è testimoniata da più di 300 pubblicazioni, in buona parte stampate dall’Accademia delle Scienze di Torino.