Dossier

L'astronomia a Torino dal Settecento al Novecento

L’astronomia porta gli strumenti a Pino Torinese

Osservatorio di Pino Torinese Pochi giorni dopo la morte di Plana, il 3 febbraio 1864, il Consiglio di Amministrazione dell’Accademia decise di chiedere

«al Ministero dell’Istruzione Pubblica che l’Accademia venga esonerata dell’amministrazione dell’Osservatorio, non essendovi ragione perché essa si ingerisca nelle cose di questo Stabilimento; e aggiunge essersi astenuta per lo passato di fare questa mozione per la particolare deferenza professata dall’intiero Corpo Accademico verso il compianto nostro Presidente Plana». (Verbale del Consiglio di Amministrazione dell’Accademia delle Scienze, 3 febbraio 1864).

Il 28 dicembre 1864 il Re Vittorio Emanuele II promulgò un Regio Decreto in cui affidava l’Osservatorio astronomico della regia Università di Torino alle cure di una Commissione composta di cinque Membri nominati dal re, dei quali due fra i Professori della Facoltà Fisico-Matematica dell’Università e tre fra i Membri della Classe di Scienze dell’Accademia Reale di Torino. Contestualmente fissava l’organico dell’Osservatorio nelle persone di un direttore, nominato dal Re fra i Membri della Commissione, da due Assistenti (uno per l’Astronomia e uno per la meteorologia) e da un custode. Il passaggio di consegne e la chiusura delle pendenze di bilancio tra Accademia e Commissione vennero conclusi nel marzo 1867 sotto la gestione del direttore provvisorio Gilberto Govi.

La direzione dell’Osservatorio venne offerta a Giovanni Virginio Schiaparelli con la prospettiva di un trasferimento degli strumenti al Monte dei Cappuccini. Schiaparelli non ritenne la proposta dell’Accademia di Torino adeguata ai suoi programmi osservativi.

Il 18 settembre 1867 successe ufficialmente al Plana, sia della Direzione dell’Osservatorio sia nella cattedra di Astronomia alla Facoltà di Scienze, l’allievo Alessandro Dorna. Egli si dedicò soprattutto alle osservazioni di stelle, riprendendo il piano di rinnovamento degli strumenti già suggerito da Plana. Iniziò la pubblicazione di un «Bollettino dell’Osservatorio», stampato a cura dell’Accademia di cui era membro. Nel 1870 pubblicò un importante Catalogo delle 634 stelle principali visibili alla latitudine media di 45 con un atlante di carte contenenti proiezioni stereografiche. Nel 1874 Dorna fece parte di una delegazione di astronomi italiani inviati in India per osservare il transito di Venere sul Sole. Grazie a questi successi riuscì a promuovere la costituzione di un Consorzio tra Provincia e Comune per sostenere le imprese scientifiche dell’Università, ottenendo in particolare per l’Astronomia l’acquisto di un rifrattore equatoriale Merz da 30 cm e distanza focale di 4,5 m. L’Osservatorio, nonostante le difficoltà legate alla posizione degli strumenti nel centro della città, venne acquistando importanza proprio per la sua attività osservativa.

Dorna diede anche impulso all’insegnamento universitario nella Facoltà di Scienze, perorando la creazione di un posto di astronomo aggiunto per collaborare alla riduzione dei dati osservativi; in mancanza di apposito personale utilizzò spesso i suoi migliori studenti. L’astronomo aggiunto gli fu infine concesso nel 1885 nella persona di Francesco Porro, che alla sua improvvisa morte un anno più tardi gli successe come direttore dell’Osservatorio e professore di Astronomia all’età di soli 25 anni.

Porro continuò nell’impegno di arricchire il patrimonio strumentale dell’Osservatorio. Soprattutto iniziò una campagna per il trasferimento della Specola in un sito più adatto all’attività osservativa. Si è già notato come la scelta di Plana di trasferire la Specola su Palazzo Madama fosse stata molto criticata, e come Schiaparelli avesse declinato l’invito a Torino per le cattive condizioni ambientali. Negli anni gli strumenti e i locali e si erano deteriorati, tanto che nel 1889 Porro dovette abbandonare le osservazioni di comete perché il telescopio equatoriale aveva difficoltà operative, la cupola non poteva essere agevolmente aperta e le luci della città arrecavano eccessivo disturbo.

Con l’aiuto della Casa Reale Porro ottenne infine uno spazio nel giardino del Grande Albergo di Soperga, ospite dei fratelli Angelo e Pietro Delvecchio. Non potendovi trasportare l’equatoriale Merz, ottenne dal Consorzio per l’Università i fondi per l’acquisto di un rifrattore Steinheil a corto fuoco che fu installato in una cupola di ferro compatta e trasportabile. Eseguì varie osservazioni, ma anche quella sistemazione presso un albergo non era idonea. Era comunque chiaro come la collina torinese potesse offrire ottime postazioni: Porro individuò il sito ideale nel territorio di Pino Torinese sulla collina Bric Torre Rotonda e si impegnò per ottenere i fondi necessari per la costruzione di un osservatorio con alloggi per il personale. Nel 1896 ottenne un contributo di 25.000 lire, che già erano state promesse al Dorna per restaurare la Specola di Palazzo Madama, e le destinò alla costruzione della nuova sede.

Giovanni Boccardi allo strumento meridiano La realizzazione del progetto spettò tuttavia al suo successore, padre Giovanni Boccardi, che ottenne la cattedra di Astronomia e la direzione dell’Osservatorio nel 1903. Non si trattò di un’operazione rapida. Boccardi nel 1907 pubblicò una memoria dal titolo Pel nuovo Osservatorio di Torino: relazione e proposte, che contiene una dettagliata discussione delle ragioni per il trasferimento. Oltre a quelle tecniche, Boccardi insistette su quelle di ordine “morale”, legate al fatto che Palazzo Madama era un monumento nazionale, per cui la presenza di studi e uffici (Osservatorio, Cassazione, Archivio di Stato, Questura) arrecava disturbi e danni.

Il progetto di costruzione del nuovo Osservatorio sul Bric Torre Rotonda venne affidato da Boccardi all’ingegner Edmondo Casati. Il preventivo dettagliato di spesa per un totale dl 141.975 lire (terreno, due palazzine per il personale, biblioteca e uffici, una torre per l’equatoriale, due padiglioni meridiani, due piccole torri circolari) fu presentato nel 1907 dal Boccardi al Ministro della Pubblica Istruzione Rava con il sostegno pressante della Facoltà di Scienze. Il 7 luglio 1907 fu stipulato il contratto di acquisto del terreno del Bric Torre Rotonda e il 4 novembre vennero iniziati i lavori per la strada di accesso.

L’Ufficio tecnico municipale di Torino, il Genio Civile e il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ritennero però di richiedere un’estensione del progetto all’ingegner Casati. Nel 1908 la nuova stesura per 230.000 lire fu finalmente approvata. Come racconta Boccardi stesso:

«Ad ogni momento sorgeva un inciampo, e quando si era in porto, il Ministro del Tesoro si opponeva al progetto per la solita mancanza di fondi. Certamente senza l’energia del senatore Frola e l’appoggio dei deputati del Piemonte (sopra tutti gli on. Daneo, Ferrero di Cambiamo, Paniè e Teofilo Rossi) e del Consiglio e Deputazione provinciali non si sarebbe condotta la legge, che venne finalmente il 20 giugno 1910» (da Il nuovo Osservatorio di Torino, Tipografia Artigianelli, Torino 1912).

Costruzione della cupola del telescopio Merz I lavori iniziarono nel 1911 e si conclusero nell’agosto del 1912. Il complesso dell’Osservatorio è descritto dal Casati stesso in dettaglio in un estratto del Giornale del Genio Civile pubblicato a Roma nel 1914 con il titolo: Osservatorio di Torino: nuova sede a Pino Torinese. In particolare la cupola girevole da 11 metri costruita dalla casa inglese Cooke & Sons di York per l’equatoriale Merz era la più grande d’Italia all’epoca. Nelle linee generali gli edifici allora costruiti sopravvivono a tutt’oggi sia pure con aggiunte e nuove cupole.

I lavori svolti dal Boccardi nella nuova sede sono relativi alla determinazione della latitudine locale e le sue variazioni, la polodia e il calcolo delle orbite planetarie. In Europa si stavano affermando gli studi sulla fisica degli oggetti celesti, la astrofisica, di cui Boccardi si tenne al corrente, come testimoniato da molti suoi scritti, anche a carattere divulgativo. Mancavano però a Torino gli strumenti per affrontare queste nuove problematiche. Nel 1912 Boccardi affrontò il problema del personale degli Osservatori astronomici sulla base del Regolamento ministeriale promulgato l’anno precedente per tutti gli Osservatori nazionali. Mentre in passato il direttore era stato autonomo nella scelta del personale, il nuovo Regolamento prevedeva assunzioni attraverso concorsi giudicati da Commissioni che non includevano necessariamente il direttore. Secondo Boccardi questo metodo non avrebbe consentito una mirata programmazione delle attività e il personale assistente sarebbe stato libero di fare ricerca senza poter essere chiamato a compiti di servizio. Inoltre, il definire un ruolo unico per tutti gli Osservatori poteva consentire al personale dipendente di farsi trasferire da una sede ad un'altra per sottrarsi a compiti che non gradisse.

Secondo Boccardi e suoi colleghi contemporanei questi fatti rappresentavano concessioni gravi che minavano la possibilità di definire programmi scientifici d’ampio respiro. Questa difficoltà nasceva in parte dall’appartenenza in quel periodo degli Osservatori alle Università, dove la libertà, d’insegnamento e di ricerca, è sempre stata un diritto fondamentale.

Tra il 1916 e il 1919 a seguito dello scoppio del primo conflitto mondiale il personale dell’Osservatorio era rappresentato unicamente da Boccardi. E anche più tardi restò insufficiente anche solo per lo svolgimento dei servizi meteorologici e geodetici.

Nel 1922 l’Osservatorio si arricchì di un nuovo strumento, l’astrografo Zeiss, acquistato con fondi raccolti attraverso una sottoscrizione del quotidiano La Stampa, ben 80.000 lire.

Nel 1923 successe al Boccardi sia nella Direzione dell’Osservatorio sia nella cattedra di Astronomia Giovanni Silva, che ricopriva già la cattedra di Geodesia. Silva rimase a Torino ancora per due anni e assistette così all’acquisizione dell’autonomia da parte degli Osservatori con conseguente separazione dalle carriere universitarie. Il 31 dicembre 1923, nell’ambito di un riordinamento dell’Istruzione Superiore e delle Amministrazioni dello Stato, fu pubblicato il testo del Regio Decreto per l’Ordinamento dei Regi Osservatori Astronomici e del Regio Osservatorio vesuviano. L’Osservatorio di Torino veniva dotato dal Decreto di personalità giuridica autonoma a fianco di quelli di Catania, Milano, Napoli, Padova, Roma, Teramo (Collurania) e Trieste, oltre alla Stazione di Carloforte.

Il direttore dell’Osservatorio di Torino era indicato nella persona del titolare della cattedra di Astronomia presso la Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali dell’Università. Per tale incarico non era prevista alcuna retribuzione. Gli assistenti erano da selezionare per concorso tra laureati in Matematica ovvero Fisica, nominati per un anno solare e, su proposta del direttore, confermati di anno in anno. Dopo tre anni potevano raggiungere la stabilità nell’ufficio, sempre su proposta del direttore. La carriera poteva quindi progredire, attraverso concorsi, verso i ruoli di Astronomo aggiunto e di Astronomo di seconda classe. Personale tecnico e subalterno era nominato annualmente dal Ministero e confermato dopo tre anni di lodevole servizio su proposta del direttore. In gran parte veniva dunque accettato l’indirizzo proposto dal Boccardi. È tuttavia vero che l’assommarsi della carica della direzione dell’Osservatorio con quella di titolare della cattedra di Astronomia comportò che all’Università competesse essenzialmente il compito dell’insegnamento e del reclutamento degli aspiranti astronomi e che le attività di ricerca continuassero ad essere concentrate nell’Osservatorio.

Luigi Volta 1876 - 1952 pronipote di Alessandro Volta Nel 1925, quando Silva si trasferì a Padova fu nominato professore di Astronomia alla Facoltà di Scienze e direttore dell’Osservatorio Luigi Volta, che in oltre 15 anni completò il passaggio delle attività astronomiche da Torino a Pino Torinese grazie anche alla conquistata indipendenza formale dai lacci dell’amministrazione universitaria. Fu direttore dell’Istituto di Astronomia costituito presso l’Università. Volta si dedicò soprattutto al miglioramento delle strutture scientifiche e dei servizi dell’Osservatorio. L’indirizzo delle ricerche fu particolarmente centrato sulle osservazioni sistematiche di pianetini, asteroidi, comete e stelle variabili, creando una tradizione che continuò fino agli anni ’80. Scoprì cinque nuovi pianetini e nuove stelle variabili; lavorò alla determinazione di declinazioni stellari con osservazioni in primo verticale. Determinò con accuratezza la differenza di longitudine fra Torino e Greenwich. Ideò e, in collaborazione con i tecnici P. Vocca e G. Latini, un apparecchio per la registrazione automatica dei segnali radiotelegrafici, con cui si potevano anche registrare i passaggi di stelle al meridiano misurati al micrometro dello strumento meridiano; lo strumento fu replicato per gli Osservatori di Milano e di Trieste e per l’Istituto Idrografico della Marina.

Nel quadro internazionale Torino rimase ancorata agli studi classici della meccanica celeste e della dinamica del sistema solare. Tuttavia alcuni elementi di novità furono introdotti in quegli anni con l’osservazione di stelle variabili, e di ciò Volta fu artefice: era il segno dell’evoluzione degli studi astronomici che dagli inizi del secolo si occuparono non più soltanto di meccanica celeste, ma anche della costituzione fisica dei corpi celesti. Nel nuovo Statuto dell’Università di Torino del 14 ottobre 1926 l’ordinamento dei corsi di laurea della Facoltà di Scienze matematiche fisiche e naturali prevedeva esplicitamente per la prima volta l’insegnamento dell’Astronomia anche tra quelli del secondo biennio di uno degli indirizzi del corso di laurea in Fisica. All’inaugurazione dell’anno accademico 1930/31 Volta fu invitato a tenere il discorso di prolusione, il primo tenuto da un astronomo all’Università di Torino (Le stelle. Discorso letto il 5 novembre 1930 nell’Aula Magna dell’Università di Torino per la solenne inaugurazione dell’anno accademico dal prof. Luigi Volta, Stabile di Astronomia e direttore del R. Osservatorio Astronomico, Stabilimento Tipografico Villarboito, Torino 1931).

Lo strumento dei passaggi Bamberg Tuttavia in quegli anni l’Italia era isolata dagli Stati Uniti e dall’Inghilterra, dove stavano iniziando i grandi sviluppi dell’Astrofisica delle stelle e delle galassie. E altre difficoltà erano alle porte: un primo sintomo si ebbe nel 1938 quando Giulio Bemporad, libero docente di Astronomia e astronomo all’Osservatorio, fu allontanato a seguito della promulgazione delle leggi razziali. Nel 1941 Volta si trasferì all’Osservatorio di Brera a Milano e gli successe a Torino Gino Cecchini.

L’8 agosto 1942 segnò una data importante nell’organizzazione della ricerca astronomica italiana; venne infatti promulgata la legge sul Riordinamento dei Regi Osservatori Astronomici. Secondo questa legge gli Osservatori vennero dotati di personalità giuridica e sottoposti ad un Consiglio di amministrazione responsabile della gestione economica e patrimoniale, composto dal direttore e da due rappresentanti del Ministero delle Finanze e del Ministero della Pubblica Istruzione. Il direttore rimaneva comunque responsabile dei provvedimenti esecutivi e della programmazione della ricerca, era da reclutarsi per concorso per titoli ed era equiparato ai professori universitari. Il personale scientifico e tecnico era sempre assunto per concorso pubblico e confermato dopo tre anni di lodevole servizio e conferma annuale.

A Torino Cecchini mantenne sia la posizione di professore di Astronomia e di responsabile dell’Istituto di Astronomia all’Università sia quella di direttore dell’Osservatorio. Pur facendo soprattutto riferimento all’Osservatorio, le ricerche di tipo astronomico utilizzarono costantemente la collaborazione di studenti dell’Università e quindi fecero parte dell’insegnamento nella Facoltà di Scienze.

All’arrivo Cecchini si trovò subito a fronteggiare una situazione particolarmente difficile, a causa degli eventi bellici che avevano svuotato l’Osservatorio di quasi tutto il personale. Si accinse alla continuazione dell’opera interrotta dal Volta, restaurando strumenti e strutture, arricchendo la biblioteca di letteratura scientifica moderna e procedendo all’assunzione di nuovo personale.

Soprattutto s’impegnò in «una sempre più crescente valorizzazione dell’insegnamento ufficiale dell’Astronomia nell’Università di Torino, al fine di interessare sempre più agli studi astronomici … elementi volonterosi, appassionati e idonei alla ricerca scientifica» (in Relazione sull’attività dell’Osservatorio Astronomico di Torino nel triennio 1942-1944, Società Editrice Torinese, Torino 1945).

Nel 1942 l’Osservatorio acquistò un fotometro visuale registratore per lo studio delle variabili ad eclisse; uno strumento molto moderno che doveva permettere l’inizio di studi astrofisici. Cecchini cercò anche di ottenere un misuratore di lastre e un microfotometro, ma gli eventi bellici impedivano alle ditte internazionali di soddisfare gli ordini. Cecchini stabilì tuttavia collaborazioni con i Laboratori di Fisica dell’Università e del Politecnico e poté utilizzare i loro strumenti per le misure. Gli astronomi che coadiuvarono Cecchini sia prima sia dopo la guerra furono essenzialmente tre: l’aiuto astronomo Alfonso Fresa e gli astronomi Alfonso Vergnano e Natale Missana.

Il 26 gennaio 1944 il Comando militare delle truppe tedesche a Torino requisì tutti i locali dell’Osservatorio: personale e materiale furono dispersi in ville e alloggiamenti di fortuna nell’area tra Pino Torinese e Chieri. Gli strumenti osservativi vennero per la maggior parte lasciati nelle cupole anche nella speranza di poter continuare nei lavori di ricerca. Naturalmente però le attività furono sconvolte dall’occupazione di reparti dell’esercito che presero possesso del comprensorio nel luglio 1944 per lasciarlo solo nell’aprile del 1945. Purtroppo le truppe di occupazione danneggiarono sia gli edifici sia il parco circostante per scavare trincee, alzare reticolati e stabilire postazioni. Il ritorno avvenne tra molte difficoltà, soprattutto economiche, data l’incerta situazione politica e l’incombere di problemi sociali ben più gravi e urgenti. Nel 1946 la dotazione annua dell’Osservatorio era solo di 23.600 lire; fondi per le riparazioni furono messi a disposizione dal Governo militare alleato e giunsero promesse di adeguamento da parte del Ministero della Pubblica Istruzione.

Durante l’intero periodo bellico l’insegnamento universitario per i corsi di laurea in Matematica e Fisica non fu mai interrotto; anzi dal 1942-43 il corso di Astronomia fu affiancato da un corso di esercitazioni tenute dal Fresa. Cecchini raccolse le sue lezioni in un trattato di Astronomia classica preceduto da un compendio di trigonometria sferica. La frequenza al corso fu sempre piuttosto elevata, pur trattandosi di un insegnamento complementare. Venivano anche tenuti incontri settimanali di tutto il personale e degli studenti per l’esposizione delle ricerche in corso nell’Osservatorio, e Cecchini era un regolare collaboratore di riviste di divulgazione come «Sapere» e «Coelum», oltre che del giornale «La Stampa».

Nel periodo 1942-46 le attività di ricerca furono difficoltose. Ciò nonostante l’Osservatorio fu in grado di effettuare regolari osservazioni di posizione di comete e pianetini, e di compiere studi di statistica stellare, di variabilità stellare e delle variazioni del campo di latitudine locale. Cecchini istituì due serie di pubblicazioni dell’Osservatorio, i Contributi e gli Studi monografici. Ciò permise alle ricerche torinesi di essere portate a conoscenza del mondo scientifico anche quando pubblicare su riviste internazionali era impossibile.

Con la ricostruzione nel dopoguerra l’attività astronomica torinese ebbe una svolta. Dal 1 gennaio 1949 Cecchini accettò che fosse stabilita a Torino la sede dell’Ufficio Centrale del Servizio Internazionale delle Latitudini, con il compito di coordinare ed elaborare i dati forniti dalle Stazioni osservative di Carloforte in Sardegna, Mizusawa in Giappone, Kitab in Uzbekistan, Gaithersburg e Ukiak in Nord America e La Plata in Argentina. Il Servizio doveva seguire le variazioni dell’orientamento della figura della Terra rispetto all’asse di rotazione, fenomeno scoperto alla fine del XIX secolo e fondamentale per la determinazione accurata delle misure di tempo e delle coordinate geografiche e astronomiche. Cecchini affidò le osservazioni di Carloforte al tecnico Carlo Moranzino, distaccato dalla sede torinese. L’intera attività del Cecchini sostanzialmente venne da quel momento dedicata al Servizio delle Latitudini, un compito prestigioso ma di contenuto scientifico modesto.

L’Astronomia torinese rimase di fatto per lunghi anni limitata a un compito funzionale, proprio mentre in Italia e nel resto del mondo la ripresa delle collaborazioni internazionali lanciava grandi progetti astrofisici nello studio delle stelle e delle galassie. Questa mancanza di apertura condizionò anche l’insegnamento universitario e la scuola torinese subì una grave involuzione.

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