Il Settecento, dalla riforma universitaria di Vittorio Amedeo II a Tommaso Valperga di Caluso
La riforma dell'Università di Torino voluta da Vittorio Amedeo II giunge a maturazione negli anni che vanno dal 1717 al 1721. Tra i progetti di rifondazione il
Oltre ai consigli di scegliere docenti italiani e di abbandonare la Retorica (le cattedre di eloquenza italiana e latina) per sostituirla con l'insegnamento della Istoria universale e della Istoria letteraria, si sottolinea la necessità di introdurre nuovi metodi di indagine sintetizzati nella nozione di Critica (critica del testo, esegesi e commento su basi linguistiche, antiquarie, paleografiche). Il Parere di Maffei resta però sulla carta. La riforma, attuata dai giuristi siciliani Niccolò Pensabene (1660 - 1730; nominato conservatore) e Francesco d'Aguirre (1682 - ca. 1773; nominato avvocato fiscale dell’Università), privilegia i settori tradizionali di teologia, diritto e medicina, a cui vanno in maggioranza le 25 cattedre del nuovo organico, ma concede spazio anche agli studi classici e non è infelice nella scelta dei docenti. Discreto latinista è il maltese Francesco Domenico Bencini (1664-1744), chiamato a insegnare teologia dogmatica; buon latinista è il padovano Antonio Pasini, professore di lingua ebraica, che introduce lo studio sistematico delle antichità orientali a Torino e nel 1731. Pasini, con Giuseppe Antonio Badia di Ancona (professore di medicina nell'Ateneo rinnovato), pubblica il primo dizionario di latino-italiano uscito in Piemonte.
Ma tra tutti spicca il napoletano Andrea Bernardo Lama, «homo sane in graecis et latinis litteris probatus et nobilis», reduce da esperienze parigine e romane. Lama viene chiamato a Torino nel 1718 per lettere greche, nel 1720 è nominato professore di eloquenza latina e italiana; in tale veste pronuncia la prolusione inaugurale della nuova Università (
È sostituito per eloquenza latina dal romano Domenico Regolotti allievo di Gravina e già titolare di greco (noto per il suo
Da questa generazione in poi l'area umanistica non conosce silenzi e trova nei tipi della Stamperia Reale (fondata nel 1740) idoneo strumento di diffusione editoriale, a supporto dei corsi universitari che propongono temi costanti (Literariae exercitationes, Romanorum antiquitates, Institutiones linguae Graecae, Praecepta artis poeticae, Praecepta rhetoricae, De oratoria institutione, Auctores optimi eloquentiae, Graeci Italique scriptores etc.) per bocca di docenti diversi, non tutti di eguale preparazione o efficacia didattica. Difficile riesce infatti porre sullo stesso piano, a dispetto delle feroci critiche a lui indirizzate da Baretti, la dottrina del padovano Giuseppe Bartoli (1717-1788), professore di eloquenza italiana e lettere greche, nonché archeologo e "regio antiquario", e la modesta levatura dell'abate Giovanni Domenico Chionio, titolare di eloquenza latina dal 1745, forbito 'ciceroniano' senza spessore culturale. Al Bartoli, passato a Parigi, succede nel 1763 l'abate Francesco Domenico Triveri (~ 1769), autore di poemi sull'Assunzione e sulla Redenzione, mentre successore di Chionio è il saluzzese Goffredo Franzini, professore di eloquenza latina dal 1770: campioni entrambi di provincialismo.
Soprattutto se confrontati con colleghi di altre discipline che vantano non minore formazione classica e meriti maggiori: il barnabita savoiardo Hyacinthe-Sigismond Gerdil (1718-1802), professore di filosofia morale elevato alla porpora cardinalizia (1777); il monregalese Giambattista Beccaria, chiamato dopo un tirocinio romano come maestro di grammatica e retorica alla cattedra di fisica; Carlo Denina, professore di eloquenza italiana e lettere greche dal 1770 al 1777, anno in cui lascia il Piemonte e inizia un iter europeo scandito dai soggiorni a Venezia, alla corte di Prussia e infine nella capitale francese. Le sorti scolastiche dell'abate Denina sono legate ai tre volumi de
Dopo Denina, la tradizione erudita riprende il sopravvento, anche se si deve registrare un fatto comunque positivo, vale a dire l’allontanamento dei Gesuiti. Nel 1778 è nominato professore di eloquenza italiana e greco il canavesano Giovanni Bernardo Vigo (1719-1805), che due anni dopo passa a eloquenza latina e lascia memoria di sé per futili poemetti latini d'argomento disparato, dai tartufi alla Sindone. Sulla cattedra di Denina, dopo la parentesi del monregalese Giovanni Battista Mazzucchi (di tenue e panegiristica musa poetica), nel 1784 è chiamato Francesco Regis di Montalto di Mondovì (1749-1811), «graecis literis et latinis eruditus», il miglior grecista fino ad allora attivo a Torino, noto per un buon volgarizzamento della Ciropedia senofontea (1809; rist. 1828). Successore di Vigo per eloquenza italiana è il ligure Giuseppe Biamonti (1762-1824), già professore d'eloquenza italiana e latina a Bologna e per un breve periodo di lettere latine e greche nell'Università di Genova, autore di tragedie e poemi, tradizionalista nella questione della lingua. Postume sono pubblicate le sue
Il conte Tommaso Valperga di Caluso (1737-1815) fu il maestro degli intellettuali piemontesi di fine Settecento. Alla sua precoce carriera militare si susseguono fasi discontinue: attenzione di sapore 'vichiano' per antichità, filosofia e scienze, interesse per la massoneria, crisi religiosa e ingresso nell'Ordine di S. Filippo Neri. Queste comportano non comune conoscenza delle lingue classiche e dell'ebraico, amicizia con Vittorio Alfieri, passione per l'astronomia e contributi alla fondazione del calcolo infinitesimale, variegati esercizi poetici e letterari non sempre à la page; insegnamento fuori e dentro le aule universitarie.
Malta, Napoli, Roma e Lisbona sono le tappe dell'itinerario umano e formativo di Valperga di Caluso, in ideale raccordo tra le varie anime della cultura europea. A Lisbona, nel 1772, avviene l'incontro col giovane Alfieri e prende vita un sodalizio in grado di resistere fino alla scomparsa del poeta astigiano. Di ritorno a Torino nel 1773, il dotto abate si fa animatore culturale al di fuori dell'Università, nelle "conversazioni" tenute nel salotto di Maria Giuseppina di Carignano e nei locali dell'Accademia delle Scienze, di cui è segretario perpetuo dal 1783. Solo nel 1805, durante il periodo francese, gli viene conferita la cattedra di lingue orientali (greco compreso) nell'Ateneo torinese. L’opera di Caluso mal sopporta barriere disciplinari: studi matematici e astronomici, versi tardo-arcadici (sotto il nome di Euforbo Melesigenio) e poemetti epicheggianti, incursioni nei territori della letteratura e della lingua italiana, razionalismo misticheggiante dei