Dossier

La psichiatria in Piemonte

Il regio manicomio a Torino e a Collegno

E' il momento di affermazione del modello asilare. Due nomi si impongono: Benedetto Trompeo e Giovanni Stefano Bonacossa, cui fan corona quello di S. Berruti (che nel 1831 scrive un Saggio sugli spedali di Torino), Cipriano Bertolini, C. Castiglioni, M. Porporati, ecc.

Trompeo Benedetto (laureatosi nel 1818 a Pavia, dapprima dedicatosi all'assistenza ai poveri di Torino) era entrato nel 1928 alle dipendenze del manicomio in seguito all'istituzione del servizio medico ininterrotto. Egli aveva cercato di staccarsi da una professionalità medica generica e aveva istituito la tenuta di un regolare registro statistico ospedaliero. Infine aveva operato per una migliore ristrutturazione interna e una rigorosa disciplina del personale sanitario. Egli aveva però suscitato un diffuso dissenso sia per il proposito di una prevalente medicalizzazione degli interventi, sia per una supplica inviata al Re nel 1830 (all'insaputa della istituzione) e intesa all'attivazione (e all'attribuzione a sé) di un insegnamento di clinica psichiatrica all'interno dell'ospedale. Il suo agire fu interpretato come un tentativo di aggiramento della direzione di questo. Alcuni aspetti caratteriologici spigolosi e il timore da parte dell'istituzione di accentrare nelle mani di una sola persona la gestione ospedaliera, portarono alla imposizione delle dimissioni. Trompeo venne sostituito con Cipriano Bertolini (affiancato dal Bonacossa). Si procedette quindi alla stesura di un nuovo regolamento (1837), alla creazione di un rapporto privilegiato fra medico e governo e alla riabilitazione della figura del primario.

Sin dal 1928, Trompeo alle dipendenze del manicomio aveva istituito un regolare registro statistico ospedaliero e aveva operato per una migliore ristrutturazione interna e una rigorosa disciplina del personale sanitario. Per il proposito di una prevalente medicalizzazione degli interventi aveva però suscitato un diffuso dissenso. Questo congiunto al timore da parte dell'istituzione di accentrare nelle mani di una sola persona la gestione ospedaliera, portarono alla imposizione delle dimissioni. Trompeo venne sostituito con Cipriano Bertolini (affiancato dal Bonacossa). Si procedette quindi alla stesura di un nuovo regolamento (1837), alla creazione di un rapporto privilegiato fra medico e governo e alla riabilitazione della figura del primario.

Se Trompeo rappresentò l'uomo di rottura, il Bonacossa fu operativamente il realizzatore del nuovo corso della psichiatria piemontese. Il suo approccio era mirato agli aspetti della questione sociale. Egli era giunto ad affermare:

«Reputo necessario un diverso sistema di governo in quantoché uno stabilimento di simil sorta non deve essere considerato più una casa di sicurezza o di semplice caritativo asilo, che un sanitario istituto, per cui imperiosamente richiedonsi speciali norme di reggimento, che per qualche rispetto assai contrastano con quello attualmente seguito» (da «Estratto dei mentecatti e degli ospedalieri per i medesimi», 1840).

Si trattava pertanto di fissare una netta demarcazione affinché una società "veramente civile" desse adeguata protezione agli incapaci e la psichiatria, assolvendo la propria funzione sociale, si costruisse una autonomia e una autentica immagine scientifica. Si imponevano pertanto un chiarimento nella classificazione dei pazienti, una delimitazione dei ruoli medici, una revisione nei metodi di trattamento e una modificazione nei rapporti fra sanitari e pazienti.

Erano tempi in cui ancora perduravano cure assurde quali quelle descritte da Guislain nel 1826 e da De Freminville nel 1877. Si trattava infatti, oltre alle poche cure farmacologiche, di terapie fisiche: docce gelate, bagni caldi o tiepidi o gelati con o senza berretto di ghiaccio a permanenza; bagni a sorpresa. Quest’ultimi tra l’altro erano reputati pericolosi da Trompeo «per subito turbamento che ne può derivare, nocevole all'intero organismo vivente». O ancora, contenzione su letto orizzontale o verticale con catene; applicazione di corsetti di ferro con o senza rivestimento in cuoio, cinture di Haslam, camicie e cinture di forza, poltrona di contenzione o "tranquillizzatore" di Rush; macchina rotatoria; isolamento in camera oscura con pareti e soffitto tinti di nero; urticazione ottenuta percuotendo con rami di ortica; applicazione di mignatte o ventose. La maggior parte di questi trattamenti furono in Piemonte vietati solo con il regolamento per l'Amministrazione del Regio Manicomio di Torino nel 1837. Inoltre i salassi erano considerati una sorta di panacea (Lanza 1863). Di essi era fatto uso tanto abituale nel manicomio torinese che, secondo C.G. Tallone (1884), era stata suscitata una inchiesta governativa. Ne deriva che la ludo ed ergoterapia (descritta per l'esperienza torinese da Marro A. 1903), appaiono quasi "esperienze romantiche", se confrontate con le torture indiscriminate dianzi menzionate.

Il perdurare, in alcune sedi italiane, di trattamenti inaccettabili portò poi ad alcuni scandali nazionali (manicomio di Brescia 1884; di Palermo all'inizio del '900, di S. Servolo e S. Clemente a Venezia nonché in quello di Cavarzere e Montebelluna nel 1901; S. Colombano al Lambro nel 1903). Questi non coinvolsero il Piemonte ed ebbero in Italia notevole risonanza. Bisogna giungere agli anni 1970-'80 del dissenso psichiatrico, per avere notizie ulteriori di "sacche" infami anche altrove e in anni a noi ben più vicini.

A prescindere da tali situazioni estreme, occorre dire che si rende evidente nella Psichiatria tanto italiana quanto piemontese una evoluzione. Questa non si realizza peraltro con andamento lineare ma per una sorta di crisi successive. Crisi legate al sovrapopolamento asilare, alle riforme legislative, alle novità curative, al divergere di esigenze organizzative e abitative del nosocomio, al progresso scientifico, all'istituirsi dell'insegnamento universitario.

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