Dossier

Gli studi di fisica a Torino

Gli anni d’oro

Dagli anni Quaranta del Novecento comincia per l’Istituto torinese di Fisica una stagione di successi che fulmineamente lo portano al livello dei migliori istituti italiani ed esteri. Intorno alle capacità organizzative di Romolo Deaglio, con l’impulso della personalità di Gleb Wataghin e la profonda cultura matematica e teorica di Mario Verde si forma negli anni Cinquanta una generazione di laureati entusiasti che partecipano alle ricerche di avanguardia, viaggiano e soggiornano all’estero a lungo.

studi sui raggi cosmici con emulsioni lanciate su palloni ad alta quota In pochi anni i contributi dell’Istituto di Torino sono famosi internazionalmente. Si forma un gruppo che partecipa alla collaborazione europea per il lancio di palloni che portano nell’alta atmosfera le emulsioni atte a registrare le nuove particelle; in sede si appresta il laboratorio per l’analisi delle emulsioni. Con l’avvento della nuova generazione di acceleratori di particelle alla fine degli anni Cinquanta le tecniche si trasformano e il gruppo si attrezza per l’analisi delle tracce in camere a bolle. Altri gruppi sperimentali si occupano di rivelazione dei raggi cosmici mediante contatori (fatti in casa): così rinasce il laboratorio di Plateau Rosa accanto al Cervino, luogo di collaborazione di fisici provenienti da varie sedi universitarie.

Laboratorio della Testa Grigia a Plateau Rosa

Si sviluppa quindi il laboratorio di elettronica. Altri esperimenti vengono compiuti in sede: reazioni nucleari, diffusione di elettroni, importanti esperimenti sul positronio. Nel 1954 viene montato nei sotterranei sotto il giardinetto il primo acceleratore circolare italiano, il sincrotrone da 100 MeV, cui si aggiunge nel 1960 un acceleratore elettrostatico da 250 KeV che con la reazione d,t produce neutroni da 14,2 MeV. Con le particelle e i fotoni ottenuti si sperimenta nel campo della fisica nucleare.

Nello stesso tempo si sviluppa impetuosamente la fisica teorica, che già negli anni Cinquanta raggiunge risultati di grande valore internazionale (fisica delle particelle e nuclei, metodi matematici, teoria dei campi, relatività generale) grazie alla nuova generazione allevata da Persico prima e da Verde poi. Questa attività teorica sarà tra l’altro testimoniata da due premi Heinemann della American Physical Society negli anni Sessanta.

E così dalla metà degli anni Cinquanta l’integrazione internazionale delle attività di ricerca in fisica nucleare e particellare è completa. La scuola di fisica di Torino è al primo posto in Italia. Molti colleghi stranieri soggiornano anche a lungo nell’istituto di via Giuria. Se verso la fine degli anni Quaranta fece scalpore la lunga visita del premio Nobel Dirac, negli anni Cinquanta la visita e la presenza di più vecchi affermati fisici, e di giovani destinati ad un avvenire importante, è normale amministrazione. Fece notizia la visita del premio Nobel giapponese Yukawa nel 1957, ma i fisici ricordano la figura caratteristica di Pauli negli ultimi anni di vita, e Heisenberg, e Thirring, e Jost, PowelI e Fierz, Gell-Mann, T.D. Lee, Maurice Levy, Victor Weisskopf e tanti altri americani e francesi e inglesi e tedeschi. L’istituto torinese, grazie alle conoscenze e all’origine di Gleb Wataghin, è il primo a stabilire collegamenti con la fisica dell’Est europeo ai primi segni di disgelo, dopo il 1955: Iwanenko, Bogoljubov, Alikhanian e tanti altri.

La fondazione nel 1951 dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, di cui Torino è la prima sezione (seguita entro qualche mese da Roma, Milano e Bologna) costituisce un esempio di perfetta organizzazione della scienza nazionale, favorisce l’integrazione tra le sedi, la scelta e lo sviluppo delle attività e la diffusione delle idee e delle tecniche. L’INFN si occuperà soprattutto del sostegno della ricerca e dell’espansione delle collaborazioni in Italia e all’estero, mentre il numero di ricercatori alle dirette dipendenze dell’INFN resterà sempre piuttosto limitato.

Poi le collaborazioni teoriche e le imprese sperimentali si allargano. Gli esperimenti agli acceleratori si trasformano in grandi collaborazioni internazionali, nella fisica dei barioni, dei leptoni e nella fisica nucleare. Il personale degli istituti si accresce. Se alla fine della guerra l’Istituto raggruppava 6-7 persone tra cattedre e assistenti, all’inizio degli anni Sessanta si arriva a una quarantina di ricercatori, cui si aggiungono sezioni tecniche: officina meccanica ed elettronica, ufficio di progettazione delle apparecchiature e ogni tipo di servizi necessari ad un laboratorio moderno. Nel 1961 si sopraeleva l’istituto del 1898, pur rispettandone le linee.

I fisici sono assetati di mezzi di calcolo. Dalle prime macchine calcolatrici Marchant elettriche comprate da Mario Verde per il calcolo numerico si arriva nel 1960 ai primi calcolatori elettronici (Elea) della Olivetti. Nel 1968 si organizza in istituto un vero centro di calcolo intorno ad un potente calcolatore IBM 360/44. Sarà il centro che poi passerà alle dirette dipendenze dell’Università prima della creazione del CSI. Nasce al tempo stesso, principalmente per iniziativa di Deaglio e Verde, il corso di laurea in Informatica che rapidamente assumerà fisionomia propria e struttura indipendente.

Carlo Franzinetti e Bruno Pontecorvo nel 1970 ca. Già dai primi anni Sessanta non si perde occasione per rinforzare la ricerca con nuove cattedre. Nuovi professori provengono da altre sedi italiane (Roma, Padova); tra questi Carlo Franzinetti (1923-1980) che dà ulteriore impulso alla fisica delle particelle e apre ad altri campi della fisica (ma purtroppo non ha il tempo di portare avanti questo lavoro). Il personale di ricerca continua ad aumentare negli anni successivi. E già in quegli anni si è formato un gruppo di fisica cosmica, geofisica e fisica dell’ambiente che darà poi vita all’Istituto di cosmogeofisica del CNR.

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