Culto dell’erudizione e istanze di rinnovamento
Quando nel 1883 scomparve Ricotti, titolare fino al 1882 della prima cattedra di Storia moderna dell’Ateneo torinese, a Torino si era già affacciato il positivismo, una corrente di pensiero che nei vari campi del sapere privilegiava lo studio dei fatti per trarne leggi generali. È questa – sarà bene segnalarlo – una definizione molto schematica, poiché all’interno del positivismo esistevano tendenze diverse o addirittura opposte. In ambito storiografico il positivismo si espresse a Torino nella Scuola storica (o «metodo storico»): culto dell’erudizione e della filologia, diffidenza per l’interpretazione e le teorie filosofiche (bisognava lasciar parlare i documenti stessi, raccolti ed editi con inesausta tenacia). Alla Scuola storica appartennero i successori di Ricotti, i medievisti Carlo Cipolla, professore a Torino dal 1882 al 1906, e Pietro Fedele (1906-14). Il primo, dopo aver esplorato anche la prima età moderna nella solidissima
E il «Giornale storico della letteratura italiana», cui diedero vita nel 1883 Arturo Graf e i più giovani Rodolfo Renier e Francesco Novati (il quale ultimo non insegnò mai a Torino), fu un punto di riferimento essenziale per tutta la Scuola storica italiana nell’ambito degli studi letterari. Graf non rinunciò a intervenire più volte su problemi teorico-metodologici, e nel 1911 pubblicò un libro dottissimo e affascinante,
Se si varcavano i confini della Facoltà di Lettere, ci si imbatteva in prospettive tutt’altro che anguste. Alla seconda metà del primo decennio del secolo XX risalgono alcuni studi nati nella fervida atmosfera del Laboratorio di economia politica creato nel 1893 da Salvatore Cognetti de Martiis. Luigi Einaudi e Giuseppe Prato, entrambi liberali e liberisti (Prato aderì poi al fascismo) disegnarono un panorama interamente nuovo della storia finanziaria, demografica, economica e sociale del Piemonte settecentesco, fornendo contributi fondamentali e tuttora largamente utilizzati. Einaudi fu anche storico acutissimo del pensiero economico.
Il medievista Pietro Egidi, docente di Storia moderna nella Facoltà di Lettere dal 1914 al 1929, anno in cui scomparve improvvisamente, si era aperto con eccellenti risultati alla storia economico-demografico-tributaria prima di approdare a Torino. Qui, soprattutto negli ultimi anni, si volse alla storia politica del Risorgimento ( Sul Cinquecento e sul Seicento effettuò egli stesso approfondite ricerche presso il ricchissimo archivio di Simancas, in Spagna. Di una vasta documentazione archivistica, dissimulata dietro una narrazione fluida e accattivante, era frutto il volume