Dossier

Gli studi di fisica a Torino

Beccaria e il passaggio alla fisica nuova

Il passaggio alla fisica nuova e sperimentale avviene nel 1748 con la nomina di padre Giovanni Battista (al secolo Francesco) Beccaria (1716-1781). Carlo Emanuele III voleva chiamare il gesuita newtoniano Francesco Jacquier, ma si lascia convincere dal conte Morozzo, riformatore degli studi, a firmare il decreto di nomina di padre Beccaria. Questi era studioso di matematica e di fisica, oltre che erudito conoscitore delle opere degli scienziati, da Euclide a Galileo e Newton. Fautore del metodo sperimentale, si dichiarava galileiano e newtoniano.

Beccaria, come tanti fisici di quel periodo, si dedica da subito ai nuovi appassionanti fenomeni elettrici e chimici; con queste ricerche rifonda l’insegnamento e impartisce un indirizzo moderno alla ricerca, il cui livello diventa paragonabile a quello dei più vivaci centri europei. Esce nel 1753 il suo trattato Dell’Elettricismo Artificiale e Naturale Libri Due. Accettando la teoria di Franklin del fluido unico, sistema in questo quadro i fenomeni osservati e introduce metodi matematici quantitativi. Il suo è, all’epoca, il migliore trattato di elettrologia: classificazione dei corpi elettrici, funzione del dielettrico nei condensatori, proprietà magnetiche; Gabbia di Faraday inventa e usa quella che poi si chiamerà “gabbia di Faraday” con una osservazione fondamentale per l’elettrostatica: «Ogni elettricità si riduce alla superficie libera dei corpi senza diffondersi nell’interiore sostanza loro».

Discute tra l’altro dell’elettricità delle nubi e in generale della connessione con i fenomeni atmosferici e studia la dispersione delle cariche elettriche nell’aria. Così diffonde l’uso dei parafulmini, che verranno adottati in Italia ben prima che altrove. Beccaria fu dunque un fisico di primo piano ben noto in campo internazionale; molto apprezzato, tra gli altri, da Franklin e da Priestley.

Alle sue sperimentazioni Beccaria ammette tre giovani colti e dedicati alla nuova scienza sperimentale: il conte Giuseppe Saluzzo di Monesiglio (classe 1734), Gianfrancesco Cigna (stesso anno) e Giuseppe Luigi Lagrange, nato due anni dopo, che frequentano il Gabinetto e partecipano alle esperienze. Palazzo dell'Accademia Nel 1757 i tre fonderanno la Società Scientifica che poi nel 1783 con patente regia si trasformerà in Accademia delle Scienze. Tra questo gruppo e Beccaria si apre però un’aspra contesa a proposito dell’interpretazione della calcinazione dei metalli. E' Beccaria ad aver interpretato giusto, sostenendo sulla base di esperimenti molto precisi che il metallo calcinato pesa di più e quindi ha assorbito qualcosa dall’aria. Così l’atmosfera tra il professore da una parte e i tre giovani dall’altra si guasta. Lagrange si occupò poi con maggiore perizia della meccanica analitica e lasciò Torino nel 1767 per Berlino, ospite per vent’anni di Federico il Grande. Cigna fu soprattutto medico (Beccaria lo chiamò al suo letto di morte), anche se continuò a dedicare tempo agli studi di fisica. Si deve al Beccaria, coadiuvato dal padre Canonica (che gli successe nell’insegnamento dal 1781 al 1788) la determinazione dell’arco di meridiano, tra Andrate e Mondovì, con base topografica sul rettilineo tra l’attuale piazza Statuto e Rivoli. Contro il valore numerico ottenuto di 1° 7’ 44” si elevano le critiche di Cesare Cassini (la stima basata sull’ellissoide medio è di 1° 8’ 14”); le misure successive del Plana intorno al 1820 stabiliranno la correttezza delle misure. L’anomalia rispetto al calcolo teorico è dovuta alla presenza delle Alpi la cui attrazione fa deviare la direzione del filo a piombo.

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